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Body of War
2010
Film S16 mm to HD
© The artist, 2010. Courtesy of Galeria SENDA
ISABEL ROCAMORA
Body of War è l’opera centrale di una trilogia video che ha per soggetto i temi della guerra e della violenza sublimati in una rappresentazione dal forte e inquietante impatto estetico. Sulla base di un lungo periodo trascorso insieme a un gruppo di soldati britannici, l’artista Isabel Rocamora ha studiato le pratiche dell’addestramento che trasformano un uomo in soldato, “da essere umano ad agente di morte”.
Il video inizia con uno scontro tra due uomini, in cui il sonoro e le riprese in tempo reale esaltano l’impressione di un istinto primitivo, quasi animalesco. Come in un’opera lirica, questa ouverture fornisce il tema principale di tutto il lavoro, il principio dell’essenza della violenza: il momento dell’incontro-scontro tra due soldati, consapevoli uno di fronte all’altro che uno dei due dovrà soccombere e l’altro sopravvivere.
Oggetto di interesse principale per l’artista è il training al combattimento corpo a corpo, che trova il suo fondamento nell’apprendimento mnemonico di sequenze motorie con cui affrontare il nemico.
Nel succedersi delle scene, Rocamora esalta l’elemento della ripetizione, la continua reiterazione dei movimenti alla base dell’addestramento. L’artista arriva ad elaborare una sorta di coreografia attuando una decostruzione del combattimento tramite una calibrata elaborazione di diverse sequenze ritmiche e temporali. L’artista trasforma questi movimenti di violenza in una sorta di danza che cita anche temi iconografici della storia dell’arte cristiana, dalla Pietà del Cristo morto alla cosiddetta danza macabra. La musica del Kanon Pokajanen (Canone del pentimento, 1997) composta da Arvo Part riprende questo tipo di suggestioni, enfatizzando un forte coinvolgimento emotivo e rimandando esplicitamente al tema del rimorso e del pentimento
L’opera si muove su diversi livelli di rappresentazione. Il più visibile è quello performativo, con il reenactment del combattimento. A questo si contrappone la voce fuori campo con frammenti di interviste a soldati che danno voce a loro pensieri ed le esperienze personali, proprio quella dimensione che l’addestramento militare deve riuscire ad estirpare. Determinante è inoltre il paesaggio della Normandia in cui sono state girate le scene: architetture militari della Seconda Guerra Mondiale, ormai prive di una funzionalità e in un lento ma inesorabile disfacimento, si contrappongono alla bellezza dei vasti orizzonti che li circondano, diventando simbolo di isolamento e solitudine.
La premeditata e consapevole costruzione dell’artista mira a un senso di sublime bellezza che emerge dal contrasto tra il contenuto di quello che osserviamo (un esercizio di violenza e di morte) e l’estetizzazione stilistica. Rocamora sembra applicare i principi trasformativi del teatro classico greco: mimesi e catarsi. Ci propone una sorta di ritaglio, un’inquadratura del reale su cui il suo sguardo si è soffermato. Da qui procede verso la decostruzione di questa realtà, depurata e ridotta ai suoi principi essenziali, la cui sintesi finale trasforma l’oggetto di partenza in una realtà altra, una realtà estetica astratta e profondamente in contrapposizione con qualsiasi istanza documentaristica.
Isabel Rocamora (1968, Barcellona; vive e lavora tra Londra e Barcellona) è un’artista filmmaker anglo-spagnola le cui opere sono incentrate sul linguaggio performativo del gesto umano e la sua relazione con l’individuo e l’identità culturale. Si è formata nel campo del cinema e della performance presso l’Università di Bristol e in fotografia al Maine Workshops negli Stati Uniti. Il suo lavoro si è sviluppato a partire da opere performative (1993-2003), alcune delle quali commissionate da istituzioni come il Bluecoat Arts Centre di Liverpool e il Victoria and Albert Museum di Londra, opere spesso itineranti a livello internazionale tramite il supporto del British Council. Vincitrice di numerosi premi internazionali, come il IMZ Award dell’Aia, il DCW Media Honor di Los Angeles e il Jumping Frames Award di Hong Kong, il suo lavoro è stato ospitato in sedi museali internazionali e è stato trasmesso da programmi dedicati all’arte su canali televisivi come Channel 4 (UK), TVE2 (Spagna) e Arte TV (Francia/Germania). È stata invitata a tenere conferenze nelle varie sedi internazionali delle sue mostre, tra cui la Whitechapel Gallery e la Architects’ Association a Londra, il Royal Art Circle di Barcellona, la Minshar and Hamidrasha Schools of Art in Israele, presso il British Council nei territori palestinesi. La sua mostra personale “The Intimacy of Violence” si è tenuta alla Galeria Senda di Barcellona e presso l’Arts Santa Monica nel maggio 2011. Tra le sue mostre collettive più recenti: (2012-2013) “Shifting Sands: Recent Video from the Middle East”, Stanlee and Gerald Rubin Center for the Visual Arts, The University of Texas at El Paso, Texas; “Vidéoformes 2012”, Clermont-Ferrand, Francia; “Supertemporal”, Kulturhuset, Stoccolma; “The Eye of the Collector”, Villa delle Rose, Bologna, Italia; “Delimitations”, Herzliya Museum of Contemporary Art, Israele; (2011) “Video(S)torias”, Artium, Basque Museum-Center of Contemporary Art, Vitoria-Gasteiz, Spagna; (2010) “Remote Viewing: Best of Loop”, Pacific Design Center, Los Angeles e Arts Santa Monica, Barcellona.
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Con la grande mostra dedicata ad Ai Weiwei (23 settembre 2016-22 gennaio 2017) per la prima volta Palazzo Strozzi diventa uno spazio espositivo unitario che comprende facciata, Cortile, Piano Nobile e Strozzina.
L’arte contemporanea esce dalla Strozzina e si espande sia a livello espositivo che di comunicazione, in uno scenario in cui Palazzo Strozzi partecipa attivamente all’avanguardia artistica del nostro tempo.
Per questo motivo le informazioni relative alla mostra Ai Weiwei. Libero e il programma di mostre e attività future dedicato all'arte contemporanea saranno consultabili direttamente al sito www.palazzostrozzi.org e sui canali social di Palazzo Strozzi.
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