Questi due approcci – la progressiva astrazione scultorea del corpo e l’integrazione dell’osservatore nell’opera – si ritrovano nelle installazioni site specific del ciclo Clearing, realizzate a partire dal 2004. Diverse centinaia di metri di tubo metallico sono avvolte in linee concentriche che vanno a riempire interi spazi, senza che se ne riconosca un inizio o una fine. La scultura si snoda nell’architettura che la contiene come un dinamico disegno tridimensionale, che ha per confine solo le pareti dello spazio espositivo. Le spirali di metallo esercitano una forte pressione sulle strutture circostanti che ne limitano la potenziale espansione, creando un nuovo equilibrio tra contenuto e contenitore, tra la forza delle forme spirali e lo spazio disponibile, in cui anche lo spettatore si muove, passando attraverso le spirali e divenendo parte integrante dell’opera. Questo lavoro, che l’artista definisce come un’“esperienza fenomenologica o psico-spaziale”, non va visto come una semplice scultura a sé stante ma come vero luogo partecipativo. Ciò che interessa all’artista è il continuo spostamento delle possibili prospettive di visione e fruizione della struttura, ma anche la condizione per cui l’osservatore diventa, allo stesso tempo, oggetto e soggetto del processo di visione. In tal modo, anche con questa forma totalmente astratta, Gormley torna al punto di partenza della sua ricerca artistica: un’indagine sulle diverse variabili nel rapporto fra corpo e spazio.
Antony Gormley (Gran Bretagna, 1950)
Antony Gormley prende il proprio corpo come punto di partenza nella creazione delle sue opere. La produzione di Gormley è segnata in maniera decisiva dalla personale esperienza della pratica di meditazione buddhista Vipassana, alla quale egli si è dedicato per un triennio durante gli anni settanta. Da qui scaturisce il suo profondo interesse per la ricerca sui confini del corpo, sulla sua individuazione nello spazio e sulla sua forma sostanziale. La fama dell’artista è legata alle sculture in materiali semplici come il piombo, l’acciaio, la creta o il ferro, che rappresentano figure umane in forma astratta. Tali sculture rispecchiano il suo interesse per il dissolvimento dei confini tra persona e spazio, interno ed esterno, in uno sforzo costante di decostruzione e riconfigurazione della struttura corporea. Si possono riconoscere sfere simili ad atomi o cubi paragonabili a pixel, una ripetizione di elementi che possono appena far intravedere forme di tipo figurativo. Parallelamente, tuttavia, i lavori di Gormley assumono anche la forma di vere e proprie sculture viventi, ispirandosi alla nozione di “scultura sociale” concepita da Joseph Beuys e rendendo gli osservatori i veri protagonisti delle sue opere. Durante i tre mesi dell’estate 2009, ad esempio, 2400 cittadini si sono trasformati (a turno e per un’ora ciascuno) in sculture viventi sul famoso Fourth Plinth di Trafalgar Square a Londra.