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Presidency V 2008
C-Print, Diasec
Courtesy Hamburger Kunsthalle, Dauerleihgabe der Stiftung zur Förderung der Hamburgischen Kunstsammlungen und der Montblanc Kulturstiftung
© Thomas Demand, VG Bild-Kunst, Bonn/SIAE, Roma  


Presidency III, 2008
C-Print, Diasec
289 x 200 cm
Courtesy Hamburger Kunsthalle, Dauerleihgabe der Stiftung zur Förderung der Hamburgischen Kunstsammlungen und der Montblanc Kulturstiftung
© Thomas Demand, VG Bild-Kunst, Bonn/SIAE, Roma  


Presidency II, 2008
C-Print, Diasec
210 x 300 cm
Courtesy Hamburger Kunsthalle, Dauerleihgabe der Stiftung zur Förderung der Hamburgischen Kunstsammlungen und der Montblanc Kulturstiftung
© Thomas Demand, VG Bild-Kunst, Bonn/SIAE, Roma  


Presidency (detail), 2008 © Thomas Demand, VG Bild-Kunst, Bonn/SIAE, Roma

Thomas Demand è, prima di tutto, scultore. Nel suo studio egli crea con grande realismo e attenzione modelli e architetture in carta e cartone che, una volta fotografati in scala 1:1, vengono distrutti. Demand si interessa a scene in cui hanno avuto luogo eventi politici o di cronaca mai del tutto chiariti e attorno ai quali, nella memoria collettiva, è rimasto un alone di mistero. Embassy (2007), ad esempio, è una serie fotografica dedicata alla sede dell’ambasciata nigeriana a Roma, coinvolta in un affair attorno al furto di timbri ufficiali e documenti poi usati dall’amministrazione di George W. Bush come prove del presunto possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein. Tunnel (1999) fornisce una veduta del tunnel stradale sotto il Pont de l'Alma di Parigi in cui Lady Diana e il suo compagno trovarono la morte.  
La serie Presidency è stata commissionata all’artista dal New York Times Magazine, che ha pubblicato l’immagine frontale della scrivania dello Studio Ovale sulla copertina del novembre 2008, immediatamente dopo le elezioni presidenziali. Ma l’immagine creata dall’artista non permette di definire l’identità del presidente: la poltrona di pelle è ancora occupata da George W. Bush, oppure a sedervi è ormai Barack Obama? Pur non sapendolo, tuttavia, la stanza vuota è simbolo di gesta politiche e ideologiche di immensa portata. Si pone così la questione di quale sia il collegamento tra lo Studio Ovale e il potere che incarna. Le fotografie di Thomas Demand non affrontano solo il tema dell’illusione del potere, ma anche quello dell’illusoria autenticità dello strumento fotografico in una società della comunicazione. Il fatto che sia un settimanale d’informazione ad aver commissionato l’opera a un artista come Demand aggiunge un ulteriore connotato significativo. Demand gioca con la rappresentazione della realtà in quanto simulazione del reale che si va a sostituire alla realtà stessa.
Infatti Thomas Demand si serve quasi esclusivamente di immagini di luoghi che non ha mai visitato in prima persona, ma che sono tratte dai mass-media di cui lui stesso é consumatore e che sono ancorate nella memoria collettiva. Egli elimina però ogni traccia dei protagonisti e dei fatti avvenuti: le scene sono rappresentate in modo volutamente neutro, svuotate da ogni dettaglio che possa appagare il voyeurismo del pubblico. Queste immagini hanno un valore simbolico per i fatti lì avvenuti che l’artista però non ci mostra. È lo spettatore che deve essere consapevole dei fatti per restituire alle immagini una loro dimensione narrativa. Demand tenta dunque una riflessione su singoli momenti della nostra storia recente tramite una reiterazione, una rappresentazione di secondo grado.  






Presidency, 2008
Veduta dell'allestimento in mostra
© Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, Firenze; Valentina Muscedra

Thomas Demand (Germania, 1964)

Presidency é il titolo della serie in cinque parti che mostra diverse vedute del celebre Oval Office della Casa Bianca a Washington D.C. L’ufficio è privo di qualsiasi presenza umana. A prima vista, il soggetto della fotografia appare più che evidente: l’insieme di diversi sguardi sulla stanza di lavoro del presidente americano. In realtà, ciò che appare come la riproduzione fotografica di una realtà esistente si rivela, a un’osservazione più attenta, la fotografia di un plastico costruito artigianalmente.

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