Background images credits  
   
   

groundspeed (Rose Petal) #17, 2001
C-Print
128  x 213 cm
Courtesy l’artista; DZ Bank Kunstsammlung
© Rosemary Laing; Galerie CONRADS, Düsseldorf


groundspeed (Red Piazza) #05, 2001
C-Print
106 x 163 cm
Courtesy l’artista; DZ Bank Kunstsammlung
© Rosemary Laing; Galerie CONRADS, Düsseldorf

Nel suo lavoro, l’artista australiana Rosemary Laing si muove tra vari generi, servendosi contemporaneamente di installazione, performance e fotografia. La serie groundspeed è scaturita da una sorta di “spedizione sul campo” condotta nei boschi di eucalipto dell’Australia meridionale. È nata così, anche grazie alla collaborazione di un team di assistenti, una serie di immagini di paesaggi, in cui realtà e finzione si uniscono tramite l’inserimento di comuni tappeti di produzione industriale all’interno di contesti naturali pressoché incontaminati. In questo modo, l’opera di Laing coniuga il paesaggio aperto dell’immagine di fondo con un elemento in primo piano che richiama invece un ambiente interno, abitato e umano. Ma dove sta la realtà o dove la finzione? Siamo sicuri di poter credere reale una natura così pura e idilliaca? Il metodo con cui l’artista procede è paragonabile a quello del set cinematografico. Diversi professionisti intervengono sul luogo prescelto e allestiscono un’ambientazione che risponda in pieno alle esigenze dell’artista e possa pertanto essere fotografato. Con questo procedimento, Laing raggiunge un risultato che sarebbe impensabile tramite la sola manipolazione digitale delle immagini. I tappeti a motivi floreali che Rosemary Laing utilizza appartengono a una tradizione europea che ha avuto grande diffusione e popolarità in Australia al tempo della giovinezza dell’artista. L’artista interviene così nel paesaggio australiano e letteralmente vi “innesta” un pezzo di cultura europea. Interviene nella natura e la modifica. Nelle sue opere riecheggia una critica esplicita all’appropriazione del continente australiano da parte dei colonizzatori europei, un’appropriazione che va avanti da almeno 200 anni. Sullo sfondo di queste considerazioni, le immagini apparentemente idilliache e fantastiche di Laing acquistano improvvisamente un retrogusto amaro e drammatico: la rappresentazione artistica riesce così a approdare ad un grado di verità superiore a quello della realtà visiva concreta che ha utilizzato.


groundspeed (Red Piazza) #5, 2001
groundspeed (Rose Petail) #17, 2001
Veduta dell'allestimento in sala
© Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, Firenze; Valentina Muscedra

Rosemary Laing (Australia, 1959)

Le fotografie della serie groundspeed hanno come oggetto boschi verdi e rigogliosi che si offrono alla contemplazione estetica di chi guarda, attratto dai colori e dalle luci della bellezza della natura. Si direbbe che al momento dello scatto, l’obiettivo sia stato orientato lievemente verso il basso, cosicché lo sguardo dell’osservatore è automaticamente guidato al suolo. Proprio questa direttrice dello sguardo conduce l’osservatore ad un’analisi più attenta dell’immagine: il terreno, splendente di luci e colori, è in realtà un tappeto accuratamente disteso al suolo. Ma perché un tappeto in un bosco?

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