In Sea Force One l'artista punta la sua attenzione su un unico breve e apparentemente insignificante episodio: due uomini, a bordo di una piccola imbarcazione, puliscono lo scafo nero di un grande yacht. Le tracce di schiuma del sapone e le onde del mare che si riflettono sulla superficie scura creano una sorta di composizione pittorica astratta, che appare e scompare di fronte al nostro sguardo nel loop continuo del video. In sottofondo, la musica del Preludio in si minore di Johann Sebastian Bach.
Questo momento è stato registrato da Brech nella laguna di Venezia durante i primi giorni della Biennale del 2009. Lo yacht è ancorato davanti al nuovo museo di Punta della Dogana il giorno della sua inaugurazione, alla quale sono stati invitati solo ospiti selezionati e vip, protetti e nascosti da un impenetrabile servizio di sicurezza. La grande imbarcazione è uno yacht di lusso (il cui nome è ispirato all'aereo presidenziale americano Air Force One) creato dal misterioso armatore Captain Magic. Visto da fuori, questo Admiral di 54 metri è un rigoroso scafo nero dalle linee possenti, ma all'interno gli ambienti si pongono a metà tra uno stravagante night club e una galleria d'arte, con opere di artisti come Kiki Smith e Fabrizio Plessi.
Non sappiamo chi fosse a bordo del panfilo, forse lo stesso François Pinault, il celebre imprenditore francese del lusso e primo investitore del nuovo spazio espositivo veneziano. Brech punta il suo obiettivo su un momento che normalmente sarebbe passato inosservato, e rinuncia deliberatamente alla registrazione della sfarzosa ostentazione di ricchezza del panfilo. Sono il contrasto di dimensioni tra il panfilo e la piccola imbarcazione, o la contrapposizione tra il nero dello scafo e il bianco evanescente del sapone e dei riflessi marini che riescono a far risaltare la grandiosità dell'imbarcazione, di cui non siamo in grado di percepire le dimensioni effettive. L'artista riesce ad andare oltre la facciata del potere e della ricchezza: proprio fermandosi alla sua superficie. E sembra suggerire che la strategia per la costruzione di un'immagine del potere possa essere proprio la sua anti-rappresentazione: velando o nascondendo l'identità di chi detiene il potere se ne costruisce il "mito".