Kader Attia

(English) Untitled (Mirrors), 2012
Specchi / Mirrors
182 x 182 cm
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin
Photo: Michele Alberto Sereni



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Kader Attia (Francia, 1970)

REPAIR ANALYSIS, 2013
Specchi riparati, litografie
Courtesy l’artista e Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin; Galerie Christian Nagel Berlin-Cologne-Antwerp; Galerie Krinzinger, Vienna

Segnato da una eterogenea formazione culturale, Kader Attia ha sviluppato un linguaggio artistico che si nutre delle sue origini nord-africane, della sua nascita e formazione in Francia e della sua condizione cosmopolita di artista contemporaneo. Tipica della sua poetica è la riflessione sui temi della riappropriazione culturale e dell’ibridazione di oggetti, rimandi ed esperienze di contesti storici e geografici diversi.
La riappropriazione diviene letterale “riparazione” nella serie Repair Analysis in cui l’artista lavora con specchi infranti e poi ricuciti con fil di ferro. Questi sono posti in dialogo con una serie di litografie ottocentesche dell’artista francese Nicolas Henri Jacob, che per oltre vent’anni lavorò con il medico Jean Marc Bourgery alla creazione di un monumentale atlante anatomico (per un totale di 725 tavole litografiche), guida di riferimento per varie tecniche chirurgiche.
Litografie e specchi mostrano ferite che non sono occultate. Fratture e riparazioni non sono negate o nascoste. Ribaltando la nozione occidentale contemporanea del restauro di manufatti e contraddicendo l’ideale di estetizzazione del corpo umano, Attia si richiama a una concezione anti-moderna di riparazione, scegliendo di mostrare apertamente un processo, ciò che permette il montaggio di diversi elementi.
Se da una parte Attia preleva dalla realtà un oggetto trovato come le tavole illustrate, dall’altra pone al centro dell’opera la realtà del singolo visitatore, l’esperienza individuale del proprio corpo riflesso nei suoi “specchi riparati”. Il singolo individuo si pone di fronte al confine tra se stesso e la sua immagine, colta nella contraddizione tra l’oggettività del dettaglio scientifico e la soggettività dell’esperienza temporanea di fronte agli specchi. Come in altre sue opere, Attia esalta il valore dell’esperienza più che del risultato, lavorando con il vuoto e con la tensione formale tra presenza e assenza, creando una riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo.
Elemento centrale delle opere in mostra è infatti lo specchio, topos fondamentale della cultura occidentale: oggetto allo stesso tempo rivelatore e interlocutore, che rimanda al reale ma che non può coglierne l’essenza. Lo specchio infranto diviene proiezione di un’immagine deformata in cui non ci riconosciamo. L’immagine del nostro corpo diviene instabile e transitoria, un’illusione tra percezione oggettiva e soggettiva, tra il reale e l’immaginario. Lo specchio rappresenta il confine di un mondo ulteriore a cui possiamo accedere solo in un’apparenza temporanea ed effimera.

 

Kader Attia (1970, Francia; vive e lavora a Berlino) nasce nei sobborghi parigini di Seine-Saint-Denis da famiglia algerina e trascorre l’infanzia tra la Francia e l’Algeria. La visione multiculturale del suo lavoro affonda le radici nel proprio trascorso personale. I conflitti interculturali vissuti fin da bambino così come gli anni trascorsi in Congo, Venezuela e Algeria sono elementi che affiorano costantemente nella sua ricerca. Attia realizza la sua prima mostra personale nella Repubblica del Congo nel 1996. In Italia espone per la prima volta nel 2003 nell’ambito della 50° Biennale di Venezia. Nel 2005 è invitato a prendere parte alla 8° Biennale di Lione; nel 2007 realizza la sua prima personale negli Stati Uniti, “Momentum 9” presso The Institute of Contemporary Art (ICA) di Boston. Nel 2009 prende parte alla Triennale di Parigi e alla Biennale dell’Havana, cura inoltre la mostra “Périfériks” al Centre d’Art de Neuchâtel in Svizzera. Premiato alla Biennale del Cairo nel 2008, vince nel 2010 l’Abraaj Capital Art Prize e il Smithsonian Artist Research Fellowship Program. Nello stesso anno prende parte alla Biennale di Sydney, alla Biennale di Busan in Corea e a mostre presso il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Matha Arab Museum of Modern Art di Doha in Qatar, alla Haus der Kunst di Monaco in Germania. Nel 2011 espone alla 4° Biennale di Mosca, alla Biennale di Dublino e in altre numerose sedi internazionali tra cui la Tate Modern di Londra, il Mori Museum di Tokyo, il Centre Pompidou e la Sharjah Art Foundation. Del 2012 è la collettiva “Hajj, Journey to the heart of Islam” al British Museum di Londra. Suoi lavori sono presenti in numerose collezioni private e pubbliche, inclusi la Tate Modern, l’ICA di Boston, il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris e la Collection Centre Georges Pompidou.



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