«Non ho mai creduto che un solo ritratto possa determinare un soggetto, ma credo in una pluralità di immagini che testimoniano la complessità di una vita».
NAN GOLDIN
Ava twirling, NYC, 2007
C-Print
74 x 100 cm
Courtesy l’artista
© Nan Goldin
Nan Goldin sviluppa una ricerca sulla decostruzione della barriera tra la macchina fotografica e il suo soggetto, tra il fotografo e la vita. Le opere in mostra hanno per soggetto la famiglia, che appare nella complessità di ruoli e legami diversi. In alcune l’artista americana crea un confronto tra generazioni di uno stesso gruppo familiare tramite, ad esempio, la figura di Guido Costa, gallerista e storico amico dell’artista, nel suo rapporto con le donne della sua famiglia. Altre hanno al centro la riflessione della Goldin stessa sul rapporto con la propria madre, una relazione implicitamente conflittuale che emerge in immagini che creano riferimenti anche a tabù come la morte, la sessualità dei genitori e delle persone anziane.
Lo stile della Goldin esalta l’immediatezza e la presa diretta del reale con una straordinaria capacità tecnica nell’utilizzo della luce e nel saper cogliere la naturalezza di pose e movimenti dei suoi soggetti. Ciò si unisce a un rigoroso controllo formale che si appalesa nell’uso della messa a fuoco, nella costruzione di piani prospettici ribaltati, nell’accurata composizione di luci riportate e linee compositive in cui si trovano continui riferimenti storico artistici che spaziano dalla tradizione seicentesca a quella ottocentesca. Obiettivo di ogni fotografia appare la creazione di una elaborata costruzione formale i cui diversi elementi si uniscono nella sfida sullo statuto della fotografia, sul suo valore di traccia e documento.
È l’artista stessa ad affermare: «Non ho mai creduto che un solo ritratto possa determinare un soggetto, ma credo in una pluralità di immagini che testimoniano la complessità di una vita».
La forma dello slide show è diventata lo strumento ideale con cui evocare questa complessità, creando narrazioni aperte in cui unire il divenire delle immagini e la dimensione acustica. Fire Leap comprende fotografie realizzate dall’artista dal 1978 a oggi. Le immagini hanno tutte come soggetti bambini, figli di amici e conoscenti a cui la fotografa è legata, immortalati in diversi momenti nel corso degli anni. Goldin cattura momenti della vita quotidiana in cui i bambini mangiano, dormono o fanno il bagno, a volte sorridendo alla macchina fotografica, altre volte ignorandola, troppo concentrati nei loro giochi o nei loro pensieri. La fotografa cattura la loro naturale innocenza e la libertà che caratterizza i loro comportamenti, ancora non regolamentati dalle barriere e convenzioni sociali del mondo degli adulti, dallo stare nudi a esprimere emozioni di gioia o tristezza.
Nan Goldin (1953, USA; vive e lavora tra Berlino, Parigi e New York) si avvicina alla fotografi a giovanissima, negli anni Settanta, dapprima a Boston quindi a New York, ritraendo parenti, amici e amanti in immagini intime e personali, intense e trasgressive. Il ritratto la affascina, ma come strumento per far emergere il vissuto delle persone a lei care, immerse in contesti problematici diffusi nella New York di quegli anni. Così nasce The Ballad of Sexual Dependency, una selezione e giustapposizione di diapositive a colori realizzate in diversi periodi e costantemente accresciute di numero nel tempo. Su questa scia prosegue il suo lavoro, che ha sempre come protagonista la sua stessa persona, con i suoi legami personali e le sue esperienze. Il successo internazionale arriva negli anni Novanta con la personale del 1996 I’ll be Your Mirror al Whitney Museum di New York. Da questa retrospettiva deriva l’omonimo film premiato nello stesso anno al Berlin Film Festival come miglior documentario sul tema dell’omosessualità. Tra le mostre più recenti ricordiamo: nel 2005 Fantastic Tales: The Photography of Nan Goldin, Palmer Museum of Art, University Park; nel 2006 Chasing a Ghost, Matthew Marks Gallery, New York; nel 2007 Stories Retold, Museum of Fine Arts, Houston; nel 2010 Berlin Work. Photographs 1984-2009, Berlinische Galerie, Berlino; Scopophilia, Musée du Louvre, Parigi; nel 2012 Heartbeat, Museu de Arte Moderna, Rio de Janeiro. Tra le più recenti mostre collettive citiamo: nel 2006 Personal Affairs. New Forms of Intimacy in Present-day Art, Museum Morsbroich, Leverkusen; nel 2007 Into Me/Out of Me, MACRO, Roma; nel 2009 The Portrait. Photography as Stage, Kunsthalle Wien, Vienna; nel 2010 Disquieting Images, Triennale di Milano, Milano; Hide/Seek: Difference and Desire in American Portraiture, National Portrait Gallery, Washington, D.C. (successivamente al Brooklyn Museum, New York, e al Tacoma Art Museum, Tacoma); Pictures by Women: A History of Modern Photography, MoMA, New York; Brave New World, Musée d’Art Moderne Grand-Duc Jean, Lussemburgo; nel 2011 Real Venice, isola di San Giorgio Maggiore, Venezia; Street Life and Home Stories: Fotografi en aus der Sammlung Goetz, Museum Villa Stuck, Monaco; nel 2012 Regarding Warhol: Sixty Artists, Fifty Years, The Metropolitan Museum of Art, New York; nel 2013 Un/Natural Color, Santa Barbara Museum of Art, Santa Barbara; I, You, We, Whitney Museum of American Art, New York; All You Need Is Love: From Chagall to Kusama and Hatsune Miku, Mori Art Museum, Tokyo. Vincitrice di numerosi riconoscimenti e premi internazionali, le sue opere sono presenti in importanti collezioni museali, tra cui quelle del MoMA di New York e della Tate Modern di Londra.
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Con la grande mostra dedicata ad Ai Weiwei (23 settembre 2016-22 gennaio 2017) per la prima volta Palazzo Strozzi diventa uno spazio espositivo unitario che comprende facciata, Cortile, Piano Nobile e Strozzina.
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