Palazzo Strozzi
  Bill Viola, Christian Nold, Yves Netzhammer
Teresa Margolles, Valerio Magrelli, William Kentridge
Katharina Grosse, Andrea Ferrara, Elisa Biagini
Maurice Benayoun, Antonella Anedda
 
   
  TERESA MARGOLLES
 
 
   
  Nel dialogo che si instaura tra l’opera d’arte e il singolo fruitore, la sensazione può essere anche quella di spaesamento, di indeterminatezza e di ambiguità, come nel caso dell’artista messicana Teresa Margolles. Il suo lavoro mette in evidenza non il potere della rappresentazione ma la realtà immediata dell’esperienza. L’opera ”Air/Aire” non ha solo una dimensione empirica, sperimentale e conoscitiva, ma si riferisce a un’esperienza in cui l’oggetto è il soggetto dell’esperienza medesima. La risposta sensoriale non è sollecitata da un’immagine, ma da un’assenza. L’installazione della Margolles propone una stanza apparentemente spoglia, nella quale si trova unicamente un climatizzatore in funzione. L’aria è leggermente umidificata. Lo spettatore non
percepisce nient’altro. Una piccola didascalia museale si limita a descrivere il materiale che costituisce l’installazione, un climatizzatore, per l’appunto e, acqua vaporizzata, acqua che deriva dai laboratori degli obitori pubblici di Città del Messico, acqua con la quale sono stati lavati i cadaveri di persone non ancora identificate, preparate così per l’autopsia. La Margolles integra la sua identità di artista con la sua quotidiana esperienza in veste di medico legale negli obitori comunali. L’opera di quest’artista è interamente dedicata all’esplorazione del tabù della morte, un ”memento mori” che agisce però in completa assenza dell’oggetto stesso della sua investigazione, ossia
la rappresentazione della morte. La consapevolezza da parte del visitatore diviene parte integrante del processo artistico. Così facendo la Margolles eleva a soggetto attivo il visitatore, che completa l’installazione grazie alla sua fantasia e alla sua capacità di visualizzazione interiore, creando una risposta emotiva, di repulsa e di disgusto, non di natura visiva e immediata, ma sensoriale e cognitiva. Il disgusto, come reazione viscero-motoria, è incluso tra quelle emozioni primarie che il professor Giacomo Rizzolatti dell’Università di Parma ha definito, insieme alla paura e al dolore, alla base del cosiddetto ”meccanismo specchio”. Gli agenti attivi del meccanismo sono i ”neuroni
specchio” presenti nel cervello umano. Si tratta di una particolare classe di neuroni motori, caratterizzati dalla sorprendente proprietà di attivarsi sia quando un individuo compie una determinata azione, sia quando la vede compiere da qualcun altro o anche solo la sente compiere tramite l’udito.
Quella che veniva considerata una reazione emotiva culturalmente determinata, adesso sappiamo che dipende fondamentalmente dalle connessioni di una specifica zona cerebrale e dall’attivazione di “rappresentazioni” neurali delle azioni altrui. In breve, quando qualcuno osserva un’opera d’arte si attiva una sorta di ri-creazione, nel senso che lo spettatore non rimane passivo davanti a essa ma vi proietta sopra il proprio “stato interiore” (cfr. David Freedberg).
 
 
 
 
 
 
   
 

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