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Nel dialogo che si instaura tra
l’opera d’arte e il singolo fruitore, la sensazione può
essere anche quella di spaesamento, di indeterminatezza e di ambiguità,
come nel caso dell’artista messicana Teresa Margolles. Il suo lavoro
mette in evidenza non il potere della rappresentazione ma la realtà
immediata dell’esperienza. L’opera ”Air/Aire” non
ha solo una dimensione empirica, sperimentale e conoscitiva, ma si riferisce
a un’esperienza in cui l’oggetto è il soggetto dell’esperienza
medesima. La risposta sensoriale non è sollecitata da un’immagine,
ma da un’assenza. L’installazione della Margolles propone una
stanza apparentemente spoglia, nella quale si trova unicamente un climatizzatore
in funzione. L’aria è leggermente umidificata. Lo spettatore
non
percepisce nient’altro. Una piccola didascalia museale si limita a
descrivere il materiale che costituisce l’installazione, un climatizzatore,
per l’appunto e, acqua vaporizzata, acqua che deriva dai laboratori
degli obitori pubblici di Città del Messico, acqua con la quale sono
stati lavati i cadaveri di persone non ancora identificate, preparate così
per l’autopsia. La Margolles integra la sua identità di artista
con la sua quotidiana esperienza in veste di medico legale negli obitori
comunali. L’opera di quest’artista è interamente dedicata
all’esplorazione del tabù della morte, un ”memento mori”
che agisce però in completa assenza dell’oggetto stesso della
sua investigazione, ossia
la rappresentazione della morte. La consapevolezza da parte del visitatore
diviene parte integrante del processo artistico. Così facendo la
Margolles eleva a soggetto attivo il visitatore, che completa l’installazione
grazie alla sua fantasia e alla sua capacità di visualizzazione interiore,
creando una risposta emotiva, di repulsa e di disgusto, non di natura visiva
e immediata, ma sensoriale e cognitiva. Il disgusto, come reazione viscero-motoria,
è incluso tra quelle emozioni primarie che il professor Giacomo Rizzolatti
dell’Università di Parma ha definito, insieme alla paura e
al dolore, alla base del cosiddetto ”meccanismo specchio”. Gli
agenti attivi del meccanismo sono i ”neuroni
specchio” presenti nel cervello umano. Si tratta di una particolare
classe di neuroni motori, caratterizzati dalla sorprendente proprietà
di attivarsi sia quando un individuo compie una determinata azione, sia
quando la vede compiere da qualcun altro o anche solo la sente compiere
tramite l’udito.
Quella che veniva considerata una reazione emotiva culturalmente determinata,
adesso sappiamo che dipende fondamentalmente dalle connessioni di una specifica
zona cerebrale e dall’attivazione di “rappresentazioni”
neurali delle azioni altrui. In breve, quando qualcuno osserva un’opera
d’arte si attiva una sorta di ri-creazione, nel senso che lo spettatore
non rimane passivo davanti a essa ma vi proietta sopra il proprio “stato
interiore” (cfr. David Freedberg). |