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> Franziska Nori, Cina Cina Cina!!!
   
 

> Joe Martin Hill, Arte e mercato
> Francesca Dal Lago, La Cina è lontana

> Wang Jianwei, Perché si deve parlare di “Cina”, adesso?

> Davide Quadrio, La Cina, ancora!

> Lothar Spree, 40 + 4 Arte non è abbastanza, non è abbastanza!

> Li Zhenhua, Multiarcheologia

> Zhang Wei, Un lancio di dadi

 
  Cina Cina Cina!!!
Franziska Nori
   
  Cina Cina Cina!!! – un’eco che da circa un decennio risuona a livello
internazionale nel mondo dell’arte – è il titolo del progetto espositivo
presentato dal 21 marzo al 4 maggio 2008 negli spazi del Centro di
Cultura Contemporanea Strozzina presso Palazzo Strozzi.
Nel corso degli ultimi anni si sono susseguite numerose manifestazioni
e mostre dedicate al prorompente ingresso della produzione artistica
cinese nell’ambito del sistema dell’arte, che hanno presentato, negli
anni novanta, prevalentemente la pittura del cosiddetto “Realismo
Cinico” o del “Political Pop” e, dal 2000 in poi, la vasta e nuova
produzione che è il risultato di una crescente differenziazione espressiva.
Da alcuni anni la produzione contemporanea cinese è oggetto anche
di una forte speculazione economica sul mercato internazionale.
Mirate operazioni di acquisto da parte di privati ed enti istituzionali,
rigorosamente occidentali, hanno innescato una spirale di rapida
crescita del valore delle opere di artisti sino ad allora pressoché
sconosciuti alla scena internazionale, ma che nel giro di pochissimi
anni hanno raggiunto nelle vendite all’asta di New York e Londra un
boom dei prezzi. Negli stessi anni numerose gallerie europee hanno
aperto una sede in Cina, cercando di inserirsi in ciò che sembrava un
possibile nuovo mercato di vendita, vista la crescente ricchezza del
paese, e, allo stesso tempo, un fertile terreno per il reclutamento di
nuovi talenti da inserire nel circuito internazionale.
C’è chi dice che la corsa frenetica all’arte contemporanea cinese sia
una bolla sul punto di scoppiare e che l’interesse internazionale si stia
già spostando verso nuovi segmenti. Anche se l’arte è sempre stata
specchio della società dalla quale scaturisce, e la nostra epoca è
indubbiamente dominata dal principio economico e dalla fede nella
giustezza del libero mercato, può, mi chiedo, la produzione artistica
divenire un mero strumento di speculazione perdendo così la propria
capacità di documentare la cultura contemporanea e di proporre una
sua visione del momento storico collettivo diventando stimolo per una
riflessione sociale?
Forse il fattore “hype” vissuto attualmente per l’arte cinese in quanto
tale, e cioè cinese, si ridimensionerà presto, ma senza dubbio i
numerosi artisti che oggi stanno producendo opere di forte valore
contenutistico non solo supereranno questa fase, ma troveranno una
loro ubicazione naturale nell’ambito della critica e della storia
dell’arte, che, in finis, sembra essere molto più longeva delle mere
logiche di mercato.
L’eterogeneità della produzione artistica cinese contemporanea può
essere letta come espressione di due realtà distinte: sia come risposta
rivolta all’esterno, e cioè alla crescente domanda da parte del mercato
internazionale per la produzione artistica proveniente dai cosiddetti
“emerging markets”, attualmente capeggiati dalla Cina e dall’India, sia
come ricerca rivolta all’interno, ossia verso la necessità culturale di
riflettere sulla propria identità, una ricerca che possa approfondire in
maniera critica cosa voglia dire vivere oggi in una società come quella
cinese, che si trova nel mezzo di immensi e drastici cambiamenti.
Da circa vent’anni a questa parte, la Repubblica Popolare Cinese ha
fatto il suo esordio tra i paesi industrializzati posizionandosi, in breve
tempo, al secondo posto dopo gli Stati Uniti per produzione economica
e prodotto interno lordo. Grazie all’introduzione di riforme economiche
attuate dalla fine degli anni settanta in poi, la Cina si è gradatamente
aperta al commercio internazionale di stampo capitalista basato
sull’iniziativa imprenditoriale privata, abbandonando il modello socioeconomico
centralizzato di tipo comunista. Dalla loro introduzione,
queste riforme hanno portato alla popolazione cinese una nuova forma
di benessere, ponendo fine a un drammatico stato di povertà
soprattutto nelle regioni rurali. La Cina ha trovato una maniera per far
coesistere il sistema politico attuale con le necessità di sviluppo
economico internazionale, creando una forma mista che prevede
comunque il controllo diretto da parte dello Stato di circa un terzo
dell’economia e che è stato definito “socialismo di stampo cinese”.
Tradizionalmente i due settori di produzione più importanti della Cina
erano l’agricoltura e l’industria, che davano lavoro e definivano così
l’esistenza del 70% della popolazione. Negli ultimi anni però la Cina ha
rapidamente spostato il focus della sua produzione a favore di una
sempre maggiore industrializzazione, facendo in modo che gli introiti di
chi lavora nei diversi settori legati all’industria crescessero molto più
rapidamente rispetto a quelli di chi lavora nel settore agricolo. Da
questa realtà è scaturito uno dei maggiori problemi della Cina attuale:
il crescente gap economico, sociale e culturale tra le aree rurali e
quelle urbane.
Non solo le città già esistenti stanno crescendo in maniera
incontrollata, ma all’inizio del nuovo secolo il ministro cinese degli
Affari Pubblici ha dichiarato come obiettivo strategico la costruzione
di quattrocento nuove città entro l’anno 2020, ciascuna delle quali
strutturata per accogliere milioni di abitanti. Questa rapida e
massificata migrazione dalle campagne verso vecchi e nuovi centri
urbani comporta immensi problemi di natura sociale, di organizzazione
infrastrutturale e urbanistica come anche enormi problemi di natura
ecologica, che al momento però sembrano passare in secondo piano
rispetto a un clima di positivismo generale e al forte desiderio di
benessere individuale e di progresso.
Tutti questi cambiamenti si stanno producendo in un tempo brevissimo
e all’interno di un paese composto da diverse identità etniche,
religiose e culturali. Coesistono le realtà più varie in contesti
ambientali completamente distinti tra loro.
La Cina odierna è percorsa da infinite discrepanze, quella
generazionale per esempio, per cui le vecchie generazioni rimangono
spesso radicate nel mondo delle tradizioni mentre quelle nuove, figlie
dell’era della riforma, vivono il progresso come chance per il
raggiungimento del benessere individuale. Una giovane generazione,
questa, che si orienta a mode e trend internazionali – come peraltro
accade sempre e in ogni luogo – e che, alla ricerca di una propria
identità, cerca di trovare una risposta alle esigenze e alle possibilità
che la vita moderna offre, tra ambizioni personali e costrizioni sociali,
esigenze economiche e innovazione costante. Un altro contrasto è
rappresentato dalla discrepanza tra la realtà della popolazione rurale
e quella della popolazione urbana. Milioni di lavoratori migranti
lasciano le campagne e le loro famiglie per impiegarsi come
manodopera a basso costo nelle tante fabbriche, producendo quei
beni che hanno conquistato i mercati internazionali; oppure in quelle
megapoli dove si trovano a lavorare nei cantieri edili del boom
immobiliare, rimanendo tuttavia ai margini di una società in rapida
ascesa e sempre più cosmopolita. Da qui si sviluppa anche la
discrepanza economica, tra chi ha accesso all’educazione e
all’informazione e riesce a inserirsi nelle logiche produttive
globalizzate, e chi invece non ha queste opportunità.
Ma non sta cambiando soltanto la Cina. Le conseguenze del risveglio
dell’antico Impero stanno generando un gigantesco terremoto a livello
globale del quale non ancora riusciamo a intuire per intero le
dimensioni, né a livello ecologico né a livello geo-politico. La sete di
materie prime, motore per la crescita economica della Cina, ha
provocato inaspettate coalizioni e relazioni internazionali capaci di
cambiare improvvisamente gli equilibri di potere sinora vigenti su
scala globale. Basti osservare la politica economica attuale, con la
forte presenza di imprese petrolifere cinesi in Sudan e gli accordi
economici stipulati con il Venezuela, l’Iran e l’Uzbekistan.
Di fatto, la Cina sta vivendo il processo di sviluppo da una società
fondamentalmente rurale a una industriale, come già hanno fatto tutti
gli Stati occidentali; con la differenza però che questo passaggio non
sta avvenendo progressivamente, nel corso di un secolo o più, come
accadde nel caso dell’Europa e degli Stati Uniti, ma nel giro di pochi
decenni e con l’aiuto di tutte le tecnologie più avanzate sia nel campo
della comunicazione che in quello della produzione e della ricerca
scientifica. Ma tutte queste nuove possibilità, questi cambiamenti
radicali e queste opportunità cosa provocano nell’individuo? Come
viene vissuta dai singoli una realtà così sfaccettata e complessa?
Come appare il rapporto fra tradizione e modernità?
Ed è questo ciò che ci ha interessato quando abbiamo iniziato a
sviluppare il progetto Cina Cina Cina!!! arte contemporanea cinese oltre
il mercato globale, dedicato alla produzione artistica cinese più recente.
Questa mostra è la seconda dopo Sistemi Emotivi, con la quale è stato
inaugurato il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina a Palazzo
Strozzi nel novembre 2007.
Invece di interpellare curatori occidentali, singoli collezionisti o
gallerie presenti sul territorio cinese, come spesso è stato fatto da
altre istituzioni che hanno presentato progetti sulla Cina, abbiamo
deciso di invitare tre rappresentanti della nuova generazione di
operatori culturali cinesi, che vivono e lavorano in Cina e che non
sono legati a istituzioni governative ma che da anni svolgono la loro
attività in modo indipendente, subendone a volte le conseguenze in
forma di censura. Si tratta di tre personalità diverse tra loro: Li
Zhenhua, Davide Quadrio e Zhang Wei. Il CCCS li ha invitati
individualmente a visitare Firenze per confrontarsi sia con il contesto
rinascimentale di Palazzo Strozzi che con la città. La proposta da parte
del CCCS è stata quella di dare a ognuno dei tre curatori la libertà di
sviluppare un proprio progetto da presentare in un’area circoscritta
degli spazi del CCCS. In mesi di intenso lavoro sono nati tre progetti
che sono espressione e sintesi di una collaborazione interculturale fra
il team del CCCS e i tre curatori.
La mostra Cina Cina Cina!!! è suddivisa dunque in tre aree curatoriali
distinte; ognuna di esse esprime la visione personale del singolo
curatore, dando modo al pubblico di Palazzo Strozzi di immergersi in
tre approcci e in tre visioni assai diverse, ma che nella loro totalità
rendono possibile una riflessione sul “fenomeno Cina”, sulla rilevanza
della produzione culturale e artistica attuale e sull’impatto che essa ha
avuto sul sistema internazionale dell’arte.
Li Zhenhua, trentenne di Pechino, è un artista multimediale. Da anni
però è anche attivo come curatore e produttore di progetti dedicati
alla riflessione sulla cultura contemporanea. Temi ricorrenti nella sua
ricerca sono l’identità nazionale e transnazionale, il territorio e la
frontiera, l’arte e la scienza. Una tematica fondamentale nel suo lavoro
di curatore è la ricerca delle radici culturali comuni tra diversi popoli,
sia tra la Cina e i paesi più vicini, sia a livello più macroscopico tra
l’Oriente e l’Occidente. La figura di Gengis Khan, fondatore dell’Impero
Mongolo e conquistatore di vastissimi territori nel corso del XII secolo,
diventa simbolo di spirito pionieristico e scambio tra civiltà. Nella
proposta che Li Zhenhua ha sviluppato per il CCCS di Firenze, Gengis
Khan è l’ idea e l’ispirazione di base; la ricerca su questa figura però
non è volta al passato storico ma serve al curatore esclusivamente per
interrogarsi sulle radici di possibili visioni sul futuro dell’umanità. Nella
sua sezione, chiamata “Multi-Archaeology”, il curatore sviluppa
insieme agli artisti da lui invitati, Ren Qinga, Wu Ershan, Shen Shaomin
e Zhao Liang, progetti site specific e videoinstallazioni che riflettono
criticamente l’identità culturale dell’individuo, il modo in cui è
diventato il prodotto di costanti cambiamenti e di reciproche influenze
culturali e quale sia dunque il valore relativo di concetti come
“nazione” ed “etnia”. Per la realizzazione delle opere di Ren Qinga e
Wu Ershan, create per la mostra di Firenze, ringrazio la Tang
Contemporary Art Center di Pechino che ha co-prodotto le installazioni.
Il secondo curatore invitato dal CCCS è Davide Quadrio. Anch’egli
trentenne, italiano di origine, da quindici anni vive a lavora in Cina e da
dieci a Shanghai dove ha fondato BizArt, uno spazio indipendente di
produzione ed esposizione. Quadrio propone un’installazione
appositamente creata per la mostra Cina Cina Cina!!! e che il CCCS ha
prodotto. Il suo progetto si intitola “40 + 4 Arte non è abbastanza, non
è abbastanza!” e consiste in una mappatura antropologica, quasi una
radiografia, della complessa realtà che costituisce la scena artistica
della Shanghai di oggi. Insieme al documentarista Lothar Spree e alla
giovane cineasta Zhu Xiawen, Davide Quadrio ha intervistato quaranta
tra gli artisti più importanti della città, ponendo loro una serie di
domande precedentemente sviluppate e raggruppate per sezioni
tematiche su una sorta di mazzo di carte da gioco. Le aree tematiche
riguardano la rilevanza dell’artista nella società cinese di oggi, il
rapporto con il pubblico e l’influenza del mercato internazionale
dell’arte nella produzione artistica in sé.
Il lavoro di Davide Quadrio propone dunque una meta-riflessione sulla
rilevanza sociale dell’arte contemporanea in una società
estremamente complessa e alle prese con un processo di profondo
mutamento come quella della Cina odierna.
Anche Zhang Wei è curatrice di uno spazio indipendente dedicato alla
produzione artistica, Vitamin Creative Space, che funge da area
espositiva, galleria e piattaforma di dibattito culturale. Zhang Wei vive e
lavora a Canton, una città industriale che conta nove milioni e
mezzo di abitanti nella totalità della sua area amministrativa. La sezione
della mostra del CCCS curata da Zhang Wei è intitolata “Un lancio di
dadi” ed è costituita da un ampio numero di opere che la curatrice ha
selezionato e alle quali ha attribuito una forte componente narrativa
soggettiva, dando modo al pubblico di Palazzo Strozzi di cogliere la sua
personale sensibilità. Zhang Wei è alla ricerca di singole visioni
artistiche che esprimano un nuovo sentimento soggettivo e individualista
come reazione a una realtà sociale e culturale in drammatico
cambiamento. La curatrice percepisce ognuna delle opere che ci
presenta come un microcosmo a sé stante, un mondo a parte che sta
ad esprimere l’interiorità dell’artista al cospetto di una realtà sempre più
difficile e complessa. Nella loro totalità, queste posizioni individuali
restituiscono uno squarcio della sensibilità artistica cinese attuale.
Per il team del CCCS, attento al lavoro di mediazione tra la produzione
artistica contemporanea e il fruitore, non è stato facile trovare il modo di
tradurre il linguaggio artistico inerente al lavoro sia dei singoli artisti che
degli stessi curatori, frutto di una tradizione, di un’iconografia e di una
realtà sociale assai diverse dalle nostre. Pertanto abbiamo scelto di
lasciare il lavoro di contestualizzazione delle opere in mostra ai colleghi
curatori cinesi, accettando eventuali difficoltà di comprensione che
possono derivare dalle diverse attribuzioni culturali, a favore di una
maggiore autenticità delle voci presenti in mostra e di una maggiore
autonomia del progetto originario.
Come tutti i progetti espositivi prodotti dal CCCS, anche Cina Cina Cina!!!
sarà accompagnato da un programma corollario di lectures e
performances, che a cadenza settimanale si terranno negli spazi della
Strozzina. Le lectures prevedono l’intervento di professori, accademici
ed esperti italiani che affronteranno tematiche diverse e che serviranno
a noi, pubblico europeo, per una migliore comprensione e
contestualizzazione del fenomeno del boom della produzione artistica
cinese nell’ambito del mercato internazionale dell’arte.
Ringrazio Mario Cristiani della Galleria Continua di San Gimignano per
aver accettato di intervenire per riferirci sull’esperienza della sede
cinese della galleria a Pechino e per farci riflettere sulle diverse realtà di
collezionismo dedicate alla produzione cinese. Ringrazio Monica
Demattè, critica ed esperta di arte contemporanea cinese, che interverrà
per darci una panoramica sugli ultimi vent’anni di produzione artistica in
Cina. Annamaria Palermo, docente di letteratura cinese moderna e
contemporanea all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, parlerà dei
linguaggi delle avanguardie dell’arte cinese – soprattutto nell’ambito
della scrittura letteraria – negli ultimi trent’anni. Ci sarà, inoltre, Filippo
Salviati, docente di storia dell’arte dell’Estremo Oriente presso la facoltà
di Studi Orientali dell’Università La Sapienza di Roma, a proporre una
riflessione sul contesto sociale, politico e culturale della Cina odierna.
Giacomo Bazzani di “Renshi.org” e Vittoria Ciolini di “Dryphoto”, in
quanto responsabili di due associazioni attive a Prato (dove la
popolazione cinese caratterizza fortemente la vita della città) nel lavoro
di mediazione e di integrazione culturale di questa comunità cinese,
daranno uno spaccato delle tematiche di identità culturale rilevanti per la
prima e per la seconda generazione di cinesi presenti in Italia.
Ringrazio i tre curatori della mostra, tutti gli artisti che hanno partecipato,
gli autori che hanno contribuito alla pubblicazione del catalogo e il team
del CCCS per aver reso possibile questo complesso progetto.
   
   
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