Bill Viola, Christian Nold, Yves Netzhammer
Teresa Margolles, Valerio Magrelli, William Kentridge
Katharina Grosse, Andrea Ferrara, Elisa Biagini
Maurice Benayoun, Antonella Anedda
 
   
  Pubblicazione
Prefazione di James M. Bradburne
Sistemi Emotivi di Franziska Nori
   
 

"Che cosa sono i sentimenti" Antonio Damasio
"Emozione, razionalità e arte" Ronald de Sousa
"Empatia, movimento ed emozione" David Freedberg
"Le emozioni"
Peter Goldie
"Il cervello emotivo" Joseph LeDoux
"Fatti che possono accadere" Martha Nussbaum
"La teoria degli “emotives”: una sinossi" William M. Reddy

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  L’intero libro del neurobiologo Joseph LeDoux, preso come punto di riferimento per molti altri studi specifici sulle emozioni, mette in relazione l’esperienza emotiva con la coscienza, la “memoria di lavoro” (ossia la memoria di quando si è in uno stato cosciente) e i sistemi sensoriali. Nei due paragrafi scelti, LeDoux, dopo aver elencato le più famose teorie di definizione e classificazione delle emozioni, descrive, anche con esempi pratici, come i sentimenti (soprattutto paura e ansia) vengano vissuti grazie alle rappresentazioni visive degli stimoli effettuate dall’amigdala e dalla neocorteccia cerebrale, le quali rappresentazioni, attraverso la memoria di lavoro, si integrano con le esperienze passate e con la coscienza del sé.
   
  Il cervello emotivo
Joseph LeDoux
   
 

Basic Instinct Alcuni teorici moderni insistono, nella tradizione di Darwin, su un insieme di emozioni fondamentali e innate. Per molti di essi, le emozioni fondamentali sono definite da espressioni facciali universali, simili in molte culture diverse. Ai tempi di Darwin, l’universalità dell’espressione emotiva era desunta da osservazioni casuali, ma i ricercatori moderni hanno visitato angoli remoti del mondo e stabilito con metodi scientifici che perlomeno alcune emozioni hanno espressioni abbastanza universali, che sono soprattutto quelle del volto. Basandosi su queste osservazioni, Sylvan Tomkins aveva proposto l’esistenza di otto emozioni fondamentali: la sorpresa, l’interesse, la gioia, l’ira, la paura, il disgusto, la vergogna e l’angoscia. Queste dovevano rappresentare reazioni innate, modelli preesistenti controllati da sistemi cerebrali “cablati”. Una teoria simile e con lo stesso numero di emozioni è stata proposta da Carroll Izard. Paul Ekman fa un elenco più breve di sei emozioni fondamentali con un’espressione facciale universale: sorpresa, felicità, ira, paura, disgusto e tristezza. Altri teorici come Robert Plutchik e Nico Frijda non si affidano soltanto alle espressioni facciali ma insistono sulla supremazia di azioni più globali che coinvolgono molte parti del corpo. Plutchik sottolinea che man mano che si scende nella scala evolutiva, le espressioni facciali diventano sempre più rare mentre ci sono ancora molte espressioni emotive che coinvolgono altri sistemi corporei. L’elenco di Plutchik corrisponde solo in parte a quello degli altri; alle emozioni di Ekman, aggiunge l’accettazione, l’anticipazione e la sorpresa. Philip Johnson-Laird e Keith Oatley hanno considerato le emozioni fondamentali dal punto di vista delle parole che usiamo per parlarne. Hanno trovato cinque emozioni, le stesse di Ekman meno la sorpresa. Jaak Panksepp è partito invece dalle conseguenze comportamentali della stimolazione elettrica di certe aree del cervello dei ratti per rivelare quattro modelli di reazioni emotive fondamentali: panico, ira, aspettativa e paura. Altri teorici hanno trovato mezzi diversi per identificare le emozioni di base, e fatto degli elenchi che coincidono in parte con quelli appena descritti.
La maggior parte dei teorici delle emozioni fondamentali ritengono che esistano anche emozioni non fondamentali che sarebbero un misto di quelle più elementari. Per esempio, Izard descrive l’ansia come una combinazione di paura e di altre due emozioni che possono essere senso di colpa, interesse, vergogna, ira, o angoscia. La teoria di Plutchik sulla miscela emotiva è fra le più elaborate: immagina le emozioni come dei colori elementari disposti su un cerchio, che nel mischiarsi ne producono di nuovi. Ogni emozione elementare occupa uno spicchio del cerchio, e due spicchi che si fondono sono chiamati diadi. Quando si fondono due emozioni adiacenti, si tratta di diadi del primo ordine; se si fondono due emozioni separate da una terza, si tratta di diadi di secondo ordine, e cosi via. In questo schema, l’amore è una diade di primo ordine, in cui si fondono emozioni elementari contigue, la gioia e l’accettazione; il senso di colpa è una diade di secondo ordine fra gioia e paura, che sono separate dall’accettazione. Più sono distanti due emozioni elementari, e meno sono suscettibili di mischiarsi. Se accade, c’è probabilmente un conflitto: la paura e la sorpresa sono adiacenti e si fondono facilmente nell’allarme, mentre la gioia e la paura sono separate dall’accettazione e la loro fusione è imperfetta, per cui il conflitto che ne risulta è all’origine del senso di colpa.
La fusione di emozioni fondamentali in emozioni di ordine superiore è solitamente ritenuta un’operazione cognitiva. Stando ai teorici delle emozioni elementari, quasi tutte le emozioni biologicamente elementari sono condivise con gli animali inferiori, ma le emozioni derivate o non elementari tendono a essere esclusivamente umane. Siccome le emozioni derivate sono costruite attraverso delle operazioni cognitive, potrebbero essere identiche solo nel caso in cui due animali condividano le stesse capacità cognitive. Siccome la cognizione umana è ritenuta quella che più ci distingue dagli altri mammiferi, fra esseri umani e animali le emozioni costruite cognitivamente sono probabilmente quelle che differiscono di più. Per Richard Lazarus, per esempio, l’orgoglio, la vergogna e la gratitudine potrebbero essere esclusivamente umane. […]

Il presente emotivo
Lo confesso: quando ho ridefinito il problema dei sentimenti emotivi come un problema relativo al modo in cui l’informazione emotiva viene rappresentata nella memoria di lavoro, ho passato ad altri la patata bollente della coscienza emotiva. Non sarò io a risolvere il problema mente-corpo e dirvi esattamente cosa sia un sentimento, o come faccia una cosa impalpabile come un sentimento a fare parte di qualcosa di palpabilissimo come un cervello. Il problema mente-corpo non è l’unico degno di venire risolto, e la sua soluzione non servirebbe comunque a capire l’unicità degli stati mentali che chiamiamo emozioni, né perché sono così diversi tra loro, né a cosa siano dovuti i disturbi mentali, né come curarli. Per capire che cos’è un’emozione e come si producono i sentimenti emotivi, dobbiamo studiare il modus operandi dei sistemi di determinate emozioni e vedere come la loro attività viene rappresentata nella memoria di lavoro.
Qualcuno dirà che è azzardato da parte mia pensare di fondare una conoscenza dei nostri stati mentali più personali e intimi sulla possibilità che la memoria di lavoro sia la chiave della coscienza. In realtà, uso la memoria di lavoro come un “principio” di spiegazione, e sostengo che i sentimenti si producono quando l’attività di sistemi di determinate emozioni viene rappresentata nel sistema dal quale ha origine la coscienza. Uso insomma la memoria di lavoro come una concezione abbastanza condivisa del modo in cui potrebbe prodursi la coscienza.

Dalle valutazioni coscienti alle emozioni. State camminando su un sentiero nei boschi quando incontrate un coniglio: i vostri occhi ne captano la luce riflessa, i loro segnali sono inviati dal sistema visivo al talamo visivo e da qui alla corteccia, visiva, dove una rappresentazione visiva del coniglio viene creata e conservata nella memoria tampone degli oggetti visivi. Le connessioni tra la corteccia visiva e le reti corticali della memoria a lungo termine attivano i ricordi relativi ai conigli, immagazzinati nella memoria insieme ai ricordi delle vostre eventuali esperienze passate con altri conigli. Attraverso le connessioni tra le reti della memoria a lungo termine e il sistema della memoria di lavoro, i ricordi a lungo termine, una volta attivati, vengono integrati nella memoria di lavoro con la rappresentazione sensoriale dello stimolo, consentendovi di diventare coscienti che l’oggetto che state guardando è proprio un coniglio. Pochi passi più avanti, sul sentiero c’è un serpente arrotolato su se stesso, accanto a un ciocco di legno. Di nuovo i vostri occhi captano lo stimolo, di nuovo si formano delle rappresentazioni coscienti esattamente come per il coniglio. Ma questa volta, oltre a essere consapevoli del tipo di animale che state guardando, la memoria a lungo termine vi avverte che potrebbe essere pericoloso. Stando alle teorie della valutazione cognitiva, i processi fin qui descritti costituiscono la vostra valutazione della situazione e dovrebbero spiegare la “paura” che provate per aver incontrato il serpente. La differenza tra la rappresentazione del coniglio e del serpente da parte della memoria di lavoro sta nell’informazione che il serpente è pericoloso. Ma le rappresentazioni e le valutazioni cognitive nella memoria di lavoro non bastano a trasformare quell’esperienza in un’esperienza emotiva compiuta. Ricordate quella caldaia di Davy Crockett, che stava per scoppiare? In questo incontro con il serpente, non sta scoppiando un bel niente. Occorre qualcosa di più delle valutazioni per arrivare all’esperienza emotiva, occorre l’attivazione del sistema creato dall’evoluzione per affrontare il pericolo, un sistema che coinvolge l’amigdala.
Non tutti quelli che incontrano un serpente sul sentiero avranno una reazione emotiva completa di risposte fisiche e di sentimenti. Questo succede soltanto quando la rappresentazione visiva del serpente attiva l’amigdala che a sua volta attiva svariati circuiti. Sono le loro attività a fare della vista del serpente un’esperienza emotiva, attività che non erano state innescate dalla vista del coniglio.
I risultati di tali attività sono gli ingredienti di base che una volta impastati dalla memoria di lavoro con le rap- presentazioni sensoriali a breve termine e con i ricordi a lungo termine che tali rappresentazioni richiamano, creano l’esperienza emotiva.

Primo ingrediente, l’infuenza diretta dell’amigdala sulla corteccia. L’amigdala invia delle proiezioni verso molte aree corticali e abbiamo visto che sono più numerose di quelle che fanno il percorso inverso. Oltre alle proiezioni verso le aree sensoriali della corteccia dalle quali le arrivano i segnali, l’amigdala ne invia altre ad aree di elaborazione sensoriali dalle quali non le arriva alcun segnale. Perché uno stimolo visivo raggiunga l’amigdala dalla corteccia, deve attraversare la corteccia primaria, una regione secondaria e infine una terziaria nel lobo temporale che funge da memoria tampone per l’informazione sull’oggetto visivo. Sono le proiezioni dell’area terziaria che raggiungono l’amigdala, la quale le invia delle proiezioni di ritorno, mentre ne invia anche alle altre due regioni precedenti. Perciò una volta attivata, l’amigdala è in grado di influenzare le aree corticali dove sono elaborati gli stimoli che per primi l’hanno attivata. In questo modo, l’attenzione verrebbe diretta verso gli stimoli emotivamente rilevanti, concentrando la memoria tampone sugli stimoli che contano per l’amigdala. Questa ha poi un insieme impressionante di connessioni con le reti della memoria a lungo termine, tra cui il sistema ippocampale e le aree corticali che interagiscono con l’ippocampo per immagazzinare in maniera durevole le informazioni. Tutti questi circuiti possono contribuire all’attivazione dei ricordi a lungo termine rilevanti per le implicazioni emotive degli stimoli immediati. Anche se l’amigdala ha soltanto delle esili connessioni con la corteccia prefrontale laterale, ha delle con- nessioni più robuste con la corteccia anteriore cingolata, una collaboratrice del circuito esecutivo della memoria di lavoro nel lobo frontale. L’amigdala è anche connessa con la corteccia orbitale, l’altra socia della memoria di lavoro forse più coinvolta nei ricordi a breve termine sulla ricompensa e la punizione. Grazie ai collegamenti con le memorie tampone specializzate, con le reti della memoria a lungo termine, e con le reti del lobo frontale, l’amigdala può influire sull’informazione contenuta nella memoria di lavoro. È un sistema ridondante, che permette alla consapevolezza dell’attività dell’amigdala di prodursi in modi diversi.
Le connessioni tra l’amigdala e la corteccia consentono quindi alle reti di difesa dell’amigdala di influire sull’attenzione, sulla percezione e sulla memoria nelle situazioni di pericolo, ma non spiegano del tutto perché la percezione, il ricordo o il pensiero di un evento emozionante debbano essere diversi da quelli di un evento non emozionante. Le connessioni trasmettono alla memoria di lavoro le informazioni sulla presenza di qualcosa di positivo o di negativo, ma servono ulteriori connessioni per produrre i sentimenti che accompagnano la consapevolezza di tale presenza.

Secondo ingrediente, l’eccitazione innescata dall’amigdala. Oltre alle influenze dirette sulla corteccia, ci sono canali indiretti lungo i quali l’attivazione dell’amigdala fa sentire i propri effetti sull’elaborazione corticale, e fa intervenire in particolare i sistemi cerebrali dell’eccitazione. Per lungo tempo, si è pensato che la differenza tra lo stato di veglia e di attenzione e quello di sonno e di assopimento dipendesse dal livello di eccitazione della corteccia. Durante il sonno, la corteccia non mostra uno stato di eccitazione, a meno che non sia in corso la fase dei sogni, nel qual caso l’eccitazione è simile a quella dello stato di veglia, anche se la corteccia non ha accesso agli stimoli esterni ed elabora soltanto eventi interni. Per registrare l’eccitazione corticale negli esseri umani, si collocano sulla pelle del cranio degli elettrodi che registrano l’attività elettrica delle cellule; l’elettroencefalogramma è piatto quando la corteccia non è eccitata, veloce e asincrono quando è eccitata.
Con l’eccitazione, le cellule della corteccia e le regioni talamiche che inviano a essa la maggior parte dei segnali, diventano più sensibili. Invece di scaricare i potenziali d’azione lentamente e in maniera abbastanza sincrona, diventano asincrone e certe cellule sono più fortemente eccitate dagli stimoli in arrivo.
Durante l’eccitazione, la maggior parte della corteccia è potenzialmente ipersensibile, ma sono i sistemi che elaborano l’informazione a esserne maggiormente influenzati. Se l’eccitazione è innescata dalla vista di un serpente, vi reagiscono di più i neuroni attivi nell’elaborazione del serpente, nel richiamo dei ricordi a lungo termine di serpenti, e per creare delle rappresentazioni del serpente nella memoria di lavoro, mentre gli altri neuroni restano inattivi.
Quindi un risultato multo preciso dell’elaborazione delle informazioni viene ottenuto da un meccanismo del tutto generico.
Dei vari sistemi che contribuiscono all’eccitazione, quattro si trovano nel midollo allungato, e ognuno è dotato di un’identità chimica specifica, nel senso che le cellule di ognuno contengono neurotrasmettitori diversi. Quando le cellule vengono attivate, attraverso le terminazioni degli assoni in un gruppo viene rilasciata acetilcolina (ACh), nel secondo noradrenalina, nel terzo dopamina e nel quarto serotonina. Un quinto sistema si trova nel proencefalo, vicino all’amigdala ed emette anch’esso acetilcolina. Gli assoni di tutti questi sistemi terminano in aree diffuse del proencefalo: in presenza di stimoli nuovi o comunque significativi, le terminazioni rilasciano i propri neurotrasmettitori ed eccitano le cellule corticali, rendendole particolarmente ricettive ai segnali in entrata.
L’eccitazione contribuisce all’attenzione, alla percezione, alla memoria, all’emozione, alla risoluzione dei problemi, a tutte le funzioni mentali insomma. Se non ci fosse, non ci accorgeremmo di quello che accade, non noteremmo i particolari. Ma se è troppa, diventiamo tesi, ansiosi, improduttivi. L’attivazione deve raggiungere il giusto livello per permetterci di comportarci al meglio. Le reazioni emotive sono di solito accompagnate da un’eccitazione corticale intensa; verso gli anni cinquanta, alcuni teorici ipotizzavano che le emozioni fossero il termine di un continuum che partiva dall’incoscienza completa (il coma), e passava dal sonno, alla sonnolenza, all’attenzione, per approdare all’eccitazione emotiva. Un alto livello di eccitazione spiega anche perché è difficile concentrarsi su altre cose, o lavorare in maniera efficace, quando si è emozionati. L’eccitazione ci imprigiona nello stato emotivo in cui ci troviamo, il che è utile se c’è pericolo ed è meglio non distrarsi, ma può anche portare a disturbi ansiosi: una volta acceso il sistema della paura, è difficile spegnerlo.
Anche se ogni sistema di eccitazione contribuisce all’eccitazione in presenza di stimoli pericolosi o che annunciano un pericolo, sembrano prevalere le interazioni tra l’amigdala e il sistema dell’ACh contiguo nel proencefalo, chiamato nucleo basale; le lesioni dell’amigdala o del nucleo basale impediscono agli stimoli del pericolo, come a quelli della paura condizionata, di provocare l’eccitazione, mentre la loro stimolazione la provoca artificialmente. La somministrazione di sostanze che bloccano l’azione dell’ACh nella corteccia blocca anche gli effetti eccitanti degli stimoli condizionati e della stimolazione dell’amigdala e del nucleo basale. Queste osservazioni, e altre ancora, indicano che quando l’amigdala percepisce il pericolo, attiva il nucleo basale che rilascia l’ACh in tutta la corteccia. Interagisce altresì con i quattro sistemi di eccitazione situati nel midollo allungato.
Le cellule del nucleo basale possono essere attivate in vari modi, ma nel caso di uno stimolo di pericolo, lo sono attraverso l’attività dell’amigdala. È probabile che altre reti emotive abbiano canali propri per interagire con i sistemi di eccitazione e per modificare l’elaborazione corticale.
L’eccitazione si produce per ogni stimolo nuovo, e non solo per gli stimoli emotivi; ma solo questi ultimi riescono a prolungarla. Se siete davanti a un predatore, non dovete disinteressarvi di quello che sta succedendo, né lasciarvi distrarre da un altro evento: sembra ovvio, eppure dovete ringraziare il vostro cervello che riesce a produrre senza alcuno sforzo la vostra concentrazione. Gli stimoli nuovi non perpetuano l’eccitazione perché coinvolgono l’amigdala, ma sono mediati da segnali diretti tra sistemi sensoriali e di eccitazione, i cui effetti scemano rapidamente. Lo stimolo significativo, di pericolo per esempio, fa intervenire l’amigdala mentre attiva i sistemi di eccitazione, e la presenza dello stimolo, accompagnata da una sua interpretazione continua da parte dell’amigdala, rilancia i sistemi di eccitazione, i quali mantengono le reti corticali di elaborazione dello stimolo in uno stato di ipersensibilità. Siccome all’amigdala arrivano anche gli assoni dei sistemi di eccitazione, si autoperpetua il circolo vizioso della reattività, e perciò l’eccitazione ci rinchiude nello stato emotivo in cui ha cominciato a prodursi, finché un altro evento non è abbastanza significativo ed eccitante da spostarne il fulcro. I sistemi di eccitazione forniscono poca informazione, la corteccia non riesce a distinguere una situazione di pericolo (da un’altra situazione emotiva) sulla base dello schema dei messaggi neurali provenienti da tali sistemi, che segnalano soltanto l’importanza di uno stimolo. L’insieme di eccitazione corticale aspecifica e di informazioni specifiche fornite dalle proiezioni dell’amigdala nella corteccia, stabiliscono una memoria di lavoro, la quale dice che accade qualcosa di importante legato al sistema cerebrale della paura. Nella memoria di lavoro, queste rappresentazioni si fondono con le rappresentazioni delle memorie tampone specializzate, con quelle della memoria a lungo termine innescata dagli stimoli presenti e con l’elaborazione dell’amigdala. La stimolazione continua dell’amigdala da parte degli stimoli mantiene in attività i sistemi di eccitazione, con il noto effetto a cascata sull’amigdala e sulle reti corticali. L’inferenza cognitiva e i processi decisionali si concentrano attivamente sulla situazione che ha eccitato l’emozione per capirla e per decidere sul da farsi; tutti gli altri segnali che cercano di richiamare l’attenzione della memoria di lavoro vengono estromessi.

   
 

I due estratti, concessi da Joseph LeDoux, fanno parte del capitolo 5 e del capitolo 9 del famoso The Emotional Brain. The Mysterious Underpinnings of Emotional Life, Simon & Schuster, 1996, tradotto da Sylvie Coyaud in italiano per Baldini&Castoldi di Milano nel 1998 con il titolo: Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni. (seconda edizione: 2003, Baldini, Castoldi, Dalai Editore, collana “Super Nani”).

   
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