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Nel corso degli ultimi decenni, gli artisti
contemporanei hanno ampliato sempre più la loro attività
culturale, estendendola a tutti gli ambiti della società. L’idea
classica dell’istituzione come cornice tradizionale dell’arte,
è stata messa in discussione, decostruita, provocata e a volte
negata. Gli artisti oggi lavorano con un concetto nuovo, più aperto
rispetto alla concezione consueta del ruolo artistico. Essi si muovono
liberamente tra i diversi ruoli, quello dell’artista, del curatore,
dell’editore di periodici, o ancora del designer, dell’architetto,
dell’imprenditore, del documentarista, del programmatore, del gestore
di piattaforme di comunicazione in internet e persino dell’attivista
politico. Creano i propri network locali e allo stesso tempo si muovono
nelle strutture di un mondo globalizzato, generando sia contesti critici
rispetto al sistema dell’arte, che spazi di partecipazione e comunicazione
autonomi. I mezzi di produzione non si limitano più soltanto al
disegno, alla pittura, alla scultura, alla fotografia o al video, ma da
tempo il contesto di sperimentazione artistica si estende a tutte le realtà
che fanno parte del quotidiano, così anche internet, il software,
i videogiochi o i telefoni cellulari.
L’approccio fondamentale scelto dal cccs è quello di ideare
un programma pluriennale sia sulla base dei network locali che di quelli
internazionali. Ciò significa che non solo verranno proposti progetti
espositivi tematici da presentare nel corso dell’anno, ma saranno
invitati regolarmente curatori indipendenti e istituzioni a concepire
esposizioni, cicli di programmazione di film e video, workshops,
performances e lectures da svolgere negli spazi del
centro. Su questa base si definirà il programma, strumento di studio
e di riflessione per i visitatori sia sull’eterogeneità dell’arte
contemporanea, che su quella delle diverse posizioni curatoriali e interpretative.
L’arte oggi reagisce in maniera conforme ai principi della società
che la genera. Si sviluppa come una verifica costante della realtà
e della quotidianità, che, in modo molto più evidente rispetto
al passato, ci appare complessa e frammentata. Le arti, dunque, agiscono
sempre più in un contesto nel quale si sovrappongono realtà
e finzione; di conseguenza la lettura dell’arte contemporanea appare
meno immediata e soprattutto non si presta più a una interpretazione
univoca, non basandosi su codici e valori universalmente comprensibili
dalla collettività, come nel caso dell’arte delle società
pre-moderne.
Gli artisti sembra preferiscano invadere il quotidiano, mettendo in discussione
gli elementi che ne compongono il tessuto sociale, e interrogare le diverse
realtà, cercando di provocare un cambio di parametri e una modifica
nelle abitudini. La ‘bellezza’ (come categoria del bello)
non vuole più essere un fenomeno puramente estetico, ma si estende
alla dimensione dell’esperienza vissuta, nella quale l’azione
consapevole persegue un ruolo centrale, un’azione che trova la sua
fonte nella sensibilità critica rispetto al mondo circostante,
trasformandosi dunque in atteggiamento etico e in nuova coscienza politica.
Questo cambio paradigmatico si rispecchia non solo nelle tematiche affrontate
dagli artisti contemporanei, ma anche nella loro scelta formale ed estetica
che imbocca nuove direzioni e campi di sperimentazione, slegandosi dai
vincoli di genere dettati dalla tradizione come anche dall’idea
dell’opera come prodotto finito.
Lars Blunck (in Between Object and Event) parla di una “attivazione
del potenziale empirico” e intende con ciò definire una produzione
artistica che diviene rappresentazione (nel senso teatrale del termine)
e che si genera nel momento dell’azione stessa. Includendo, in questo
contesto, installazioni performative, provocazioni psicofisiche, eventi
messi in scena, oppure costruzioni socio-politiche di varie situazioni,
essa mette in discussione, con i presupposti della contemporaneità,
la nozione classica di opera d’arte.
Ciò non significa, però, che oggi nell’ambito dell’arte
contemporanea non si possa più parlare di “opera d’arte”
(nel senso di qualcosa di compiuto, che assolve il suo compito nell’essere
contemplato), ma si riferisce al fatto che per l’arte contemporanea
è difficile trovare chiare definizioni tipologiche che siano conciliabili
con la tradizionale classificazione in generi delle opere d’arte.
L’arte prodotta oggi si rifiuta di muoversi in una cornice delimitata
e cerca sempre di rinnovarsi attraverso nuove tendenze e sviluppi.
Nel trasformare e differenziare ciò che risulta conosciuto e familiare,
l’arte contemporanea si rifà alle sue radici, che sono da
riconoscere nelle avanguardie dei primi decenni del ventesimo secolo,
che hanno calato le pratiche artistiche nella quotidianità e con
ciò intrapreso il cammino che ci porta ai nostri giorni.
Il primo progetto presentato per l’inaugurazione del Centro di Cultura
Contemporanea Strozzina è la mostra Sistemi Emotivi- artisti
contemporanei tra emozione e ragione.
Sistemi Emotivi si sviluppa in un ambito di relazione interdisciplinare,
proprio e tipico della contemporaneità. Il progetto vuol proporre
la tematica delle emozioni che, se da un lato, può avere un richiamo
immediato su un pubblico abituato a pensare all’arte come esperienza
estetica coinvolgente e sensorialmente avvincente, dall’altro offre
la possibilità di dimostrare l’integrazione di teorie contemporanee
che provengono sia dall’area umanistica che da quella scientifica.
Diversamente dalle teorie e dalle pratiche artistiche storicizzate che
hanno già ricevuto un’ubicazione ben precisa nel contesto
culturale, la contemporaneità si nutre di stimoli eterogenei che
generano forme multiple di produzione creativa e che rendono l’interpretazione
particolarmente vitale anche se complessa.
Nel corso della storia occidentale, filosofi e scienziati hanno sviluppato
sempre nuove teorie riguardanti la definizione, per l’essere umano,
del pensiero razionale e dell’emotività. Gli antichi Greci
erano dell’avviso che emozione e ragione si contendessero, in un’eterna
lotta, la supremazia sulla psiche dell’uomo. Agli inizi del xx secolo
gli scienziati si concentrarono sempre più su razionalità
e cognizione ignorando quasi completamente l’influenza della sfera
emotiva. Così come i comportamentalisti, i quali incentrarono il
loro lavoro unicamente su atteggiamenti visibili e misurabili dall’esterno.
Più tardi la metafora più comunemente utilizzata per descrivere
la funzione del cervello sarà quella del ‘computer’,
fino ad arrivare, così, al concetto teorico del funzionalismo.
Da alcuni anni, però, si può notare un consenso crescente,
all’interno di molte discipline scientifiche, nel riconoscere le
emozioni come fattore decisivo per un’azione razionale sia nel comportamento
umano sia in quello animale. Attualmente, nella letteratura scientifica
vengono discusse diverse definizioni e modelli che riguardano le emozioni,
che non sempre però si servono di una terminologia uniforme e generano
a volte necessità di chiarimento alla base. Non esistono ancora
nozioni da tutti riconosciute né su come si possano influenzare
i meccanismi originari che provocano le diverse emozioni, né su
come classificarle, né se si possano applicare descrizioni categoriali.
Sempre però nell’evoluzione della cultura occidentale, nuove
scoperte scientifiche hanno prodotto un cambio di paradigma per l’intera
società, ampliando e mettendo in discussione la visione del mondo
di un’epoca intera. Scoperte come, ad esempio, quella della teoria
della relatività hanno avuto effetti diretti sul pensiero filosofico
e artistico e, in modo indiretto, sul costume e sulla morale della società
del xx secolo. Parallelamente, lo sviluppo costante di metodi di ricerca
e di nuove tecnologie ha giocato un ruolo fondamentale per il raggiungimento
di nuove conoscenze. Così, per esempio, da alcuni anni, nuovi sistemi
di visualizzazione hanno dato la possibilità agli scienziati di
osservare le attività cerebrali sul soggetto vivo, cosa che prima
non era possibile. Metodi di diagnostica per immagini, come la Tomografia
Computerizzata (tc) o la Risonanza Magnetica hanno dato finalmente la
possibilità a neuroscienziati e neurofisiologi di studiare le funzioni
mentali e neuronali in concomitanza con le attività psichiche.
Queste tecnologie hanno dato risultati visivi che ampliano lo stato di
conoscenza e aprono una serie di nuove domande che generano attualmente
una controversia nelle diverse discipline. Così, ad esempio, la
scoperta recente della stretta correlazione tra processi chimici che avvengono
nel cervello e la ripercussione sulle azioni dell’individuo hanno
dato adito a una discussione sulla relatività sia del concetto
di morale che di quello della creatività. L’idea dell’autodeterminazione
dell’individuo è stata scossa alla radice provocando nuovi
effetti interpretativi anche nell’ambito del diritto civile e penale.
Il concetto di creatività legata al genio individuale vacilla a
cospetto del fatto che nuove scoperte sembrano mettere in stretta relazione
la produzione di dopamina nel cervello di individui con abilità
fuori dal comune.
Detto ciò, la sfida sta nel ricondurre il sapere e i concetti discussi
nelle differenti discipline scientifiche a un discorso di più ampia
rilevanza culturale, a una tradizione, in un certo senso, di tipo umanistico
– rinascimentale che a partire dal xviii secolo è stata abbandonata
in favore di una suddivisione netta in discipline specializzate.
Le nuove tecnologie digitali sono già da molti anni entrate a far
parte dei mezzi di espressività creativa e di analisi cognitiva
propri degli artisti, che le utilizzano con finalità diverse da
quelle scientifiche e con intenzionalità filosofiche, estetiche
o più puramente visive. A volte, però, le stesse riflessioni
del mondo dell’arte possono portare a un ripensamento della scienza
o a un approfondimento sull’utilizzo del mezzo. Così il dialogo
tra arte e scienza è già in corso, così come quello
tra metodi e mezzi, tra approccio scientifico e analisi storica e sociale
legata alle scienze umane.
Attualmente il dibattito neuroscientifico sulla relazione tra l’apparenza
delle immagini e le modalità delle reazioni che suscitano, interessa
sempre di più l’area di ricerca delle scienze umanistiche.
“Per gran parte del ventesimo secolo le emozioni sono state escluse
dalla storia e dalla filosofia dell’arte […]. Le tre tendenze
che hanno dominato la storia dell’arte del ventesimo secolo hanno
finito per essere formalismo, connaisseurship e studi dei diversi
tipi di contesto in cui l’opera è stata realizzata: tutte
escludono le emozioni. […] È stato solo con il lavoro di
neuroscienziati come Antonio Damasio, Joseph LeDoux, Giacomo Rizzolatti
e il suo gruppo di Parma che si è ottenuta una qualche conferma
che la strada intrapresa era quella giusta. […] Oggi più
che mai sembra legittimo indagare le relazioni tra gli aspetti formali
di un’immagine e le risposte emotive.” (cfr. Freedberg in
Immagini della Mente. Neuroscienze, arte, filosofia, Raffaello
Cortina Editore 2007.)
La sfida che il progetto Sistemi Emotivi si pone è di
tentare una rilettura critica della correlazione tra artista, opera d’arte
e fruitore, alla luce delle più recenti scoperte sul cervello umano
e sulle emozioni. La scelta degli autori rappresentati nel catalogo e
quella delle tesi da loro difese, vuole essere un’esortazione a
guardare sotto un’ottica diversa, o forse nuova, il ‘cosa’
sia che faccia scaturire l’esperienza e quale sia la qualità
dell’esperienza stessa nell’ambito di un confronto tra fruitore
e opera d’arte.
Possiamo percepire le cose rappresentate dall’arte solo come un’esperienza
di secondo grado, ma è grazie all’empatia che riusciamo a
instaurare un rapporto tra esse e noi stessi, un rapporto che può
farci riflettere sulla nostra esistenza, diventando dunque, in un certo
senso, noi stessi l’oggetto della nostra osservazione.
D’altra parte però, lo spettatore deve essere disposto a
compiere un atto cognitivo, di lavoro d’intelletto, se vuole realmente
comprendere l’intenzione dell’opera che è scaturita
dalla prospettiva soggettiva del suo autore. Anche questa è un’esperienza
fondamentale che può portare un individuo ad aprirsi rispetto a
cose che disconosce o che comunque sono lontane dalla sua sfera abituale.
E questa apertura può aver luogo sia grazie a una partecipazione
emotiva sia attraverso una fruizione cognitiva legata alla conoscenza.
Comunque sono entrambe delle azioni che richiedono un impegno attivo da
parte del fruitore, un impegno che a sua volta diventa esperienza e che
entra a far parte integrante della costruzione della biografia e dell’identità
dell’individuo.
Sistemi Emotivi si sviluppa in tre parti: una mostra, una pubblicazione
e un programma di lectures e performances. Ognuna di
esse possiede una capacità comunicativa specifica che include livelli
diversi di partecipazione: la prima si sviluppa su un piano immediato
legato a un’esperienza visiva e sensoriale, la seconda trova la
sua essenziale motivazione su un piano cognitivo nel confronto testuale
e teorico tra diverse posizioni scientifiche e intellettuali, l’ultima
che avrà un aspetto suggestivo legato alla parola e all’ascolto
potrà suscitare una volontà di approfondimento in diretto
dialogo con gli studiosi ed esperti di diversi ambiti disciplinari: scienziati,
filosofi, ma anche poeti e musicisti.
Il percorso espositivo si svilupperà, nelle diverse sale dello
spazio del Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, in una presentazione
di artisti contemporanei che, consapevolmente o meno, si relazionano con
la prassi corporea e sensoriale, ma anche razionale e cognitiva, implicata
nell’esperienza dell’emozione, sia nel senso della produzione
che in quello della fruizione. Il focus dell’esposizione è
quello di offrire una panoramica che non vuole avere pretese di completezza
e di esaustività. Le installazioni presentate agiscono secondo
diversi principi, infatti la loro finalità è quella di una
comprensione cognitiva che passi attraverso il significato dell’esperienza
emotiva.
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