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  Arte Ecologia Sostenibilità / 24.04 – 19.07.2009
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  Verso un’architettura sostenibile
Hans Drexler
   
  Affrontare il tema della sostenibilità sembra presupporre la speranza di migliorare le condizioni attuali e contribuire attivamente a uno sviluppo sostenibile. La consapevolezza della complessità delle relazioni, la ricerca di nuove possibili soluzioni, la formazione e l’educazione sulla reciproca interdipendenza dei diversi sistemi sono condizioni necessarie per far nascere atteggiamenti e metodi nuovi verso comportamenti responsabili e uno sviluppo sostenibile.
Dalla tradizione dell’illuminismo, accolta e proseguita dalla modernità – scienza, tecnologia e industrializzazione –, siamo abituati a ritenere che un problema possa essere analizzato e compreso, per trovare soluzioni coerentemente applicabili. Per motivi di cui discuterò nelle pagine che seguono, noi sosteniamo che questa metodologia è difficilmente applicabile alle problematiche della distruzione dell’ambiente (distruzione degli spazi naturali, riduzione delle risorse, alterazione del clima, estinzione delle specie) e della globalizzazione (ingiustizia sociale, disordini politici e guerre, destabilizzazione dell’economia mondiale, distruzione di culture e di mondi vitali), due fenomeni che hanno contribuito a formare l’attuale stile di vita non sostenibile.

Il metodo illuministico-scientifico, accolto dalla modernità, si basa su sistemi, strategie e tecnologie da cui questi problemi sono derivati; essi appaiono dunque scarsamente idonei a risolvere i problemi di cui sono la causa.
Al centro di questo metodo, che può essere ricondotto a Descartes, sta la delimitazione di un sistema parziale, o di un oggetto, che viene pensato come staccato dal suo ambiente. Questa concezione nega il fatto che fra tutte le cose e i sistemi esiste una relazione reciproca fondamentale. Dalla delimitazione nasce l’idea che all’interno del sistema parziale vi sia una possibilità di azione, i cui effetti possono essere previsti e controllati. Si suggerisce così che problemi di ampia portata, quali sono l’alterazione del clima, la scarsità d’acqua globale o l’ingiustizia sociale, possano essere affrontati con misure anch’esse parziali che qualcuno – meglio se qualcun altro – dovrebbe applicare: automobili elettriche, fotovoltaico, commercio equo, biocombustibili sono solo alcune delle parole chiave in tal senso.

Nessuna di queste risposte parziali potrà funzionare o sarà sufficiente, se verrà pensata e applicata come misura isolata. Sarebbe eccessiva semplificazione credere che esistano tre, cinque o centocinquanta cose buone che potremmo fare per arrestare l’alterazione globale del clima. Piuttosto, dobbiamo essere pronti a modificare integralmente il metodo con il quale abbiamo finora pensato ai problemi, a mettere in discussione gli obiettivi che con tale metodo abbiamo perseguito. I problemi che abbiamo di fronte sono complessi; di conseguenza, ogni singola società, come anche ogni singolo cittadino, dovrebbe assumersi la responsabilità di contribuire ai cambiamenti necessari a conseguire uno sviluppo sostenibile. Il problema è intrinseco alla metodologia applicata; l’umanità nel suo insieme, ma anche le singole società, sono nate dalle strategie con le quali, in passato, hanno saputo garantirsi sopravvivenza e stile di vita. Tali metodi risalgono a un’epoca in cui la delimitazione di una porzione della realtà sembrava utile perché era disponibile un sistema (le risorse) sufficiente; dunque la delimitazione rimaneva utile e le conseguenze che ne derivavano, in caso di dubbio, rimanevano superabili. In confronto con i prelievi operati dall’uomo, il mondo sembrava inesauribile. Oggi, in molti settori si comincia a intravedere la fine delle risorse e della capacità di rigenerazione dell’ambiente. Un buon esempio in tal senso è il cambiamento del clima: fino a tempi recenti (e, sorprendentemente, c’è ancora qualcuno che nega questo fenomeno), sembrava impensabile che l’umanità potesse esercitare un’influenza determinante su un sistema complesso quale è il clima di tutto il pianeta.

Nella disciplina dell’architettura, l’edilizia sostenibile pone una delle sfide più importanti e complesse. Una conversione degli obiettivi dell’architettura sostenibile può riuscire solo attraverso un modo di pensare e di procedere globale, che consideri e analizzi anche le relazioni tra aspetti complessi. Questo modo di procedere può essere definito “sistemico”. Poiché, in una società, il settore edilizio è responsabile di una quota molto elevata del consumo di risorse e di distruzione dell’ambiente, e poiché esso partecipa alla vita economica e sociale in proporzione altrettanto elevata, si avrebbe così un mutamento sostanziale nella direzione di uno sviluppo sostenibile.


Modello di sostenibilità “a tre pilastri”

La sostenibilità può essere osservata da tre diverse angolazioni: la dimensione ecologica, che riguarda la correlazione tra uomo e ambiente, vale a dire tra cultura e natura; la prospettiva economica, che considera le interazioni all’interno di un sistema economico; e, infine, la dimensione sociale (socioculturale), che comprende gli effetti dell’ambiente edificato sulla collettività e sui singoli individui.
 
  [Tabella] SIA 112/1 [?] e fili conduttori dell’edilizia sostenibile
   
 
  ECOLOGIA ECONOMIA SOCIETÀ
Posizione
area
Mescolanza
 
Consumo di superfici
(Consumo di superfici)
Solidarietà, giustizia
  Riduzione dei costi delle infrastrutture Rafforzamento delle
strutture sociali
    Servizi essenziali
  Contatti sociali
Edifici Materie prime (Disponibilità e riciclaggio)  
Utilizzabilità per tutti
 
Manutenzione
 
  Conversione Struttura architettonica, ampliamento,
Sostanza architettonica
Accessibilità per tutti, Configurazione, Personalizzazione Identificazione, Luce, Sicurezza
  Sostanze inquinanti    
 
Ridurre l’energia per il funzionamento
 
 
Copertura fabbisogno energetico, efficiente ed ecologico
 
 
Protezione dal caldo estivo
 
    Evitare il surriscaldamento
    Mobilità e raggiungibilità, Traffico a breve distanza, Trasporto pubblico, Finanziamento  
Processo Ecoequilibrio   Partecipazione
 
Valutazione quantitativa e qualitativa delle conseguenze
Imprese locali
   
  Dimensione ecologica

Il settore edilizio è tanto determinante ai fini di uno sviluppo globale sostenibile, perché esercita una profonda influenza sulla contaminazione dell’ambiente e perché, a lungo termine, dispone di un elevato potenziale di ottimizzazione. Per esempio, circa il 35% di tutto il consumo di energia primaria della nostra società si deve alla costruzione e al funzionamento degli edifici; l’attività edilizia produce il 50% del volume dei rifiuti e circa il 27% delle emissioni di anidride carbonica.


Dimensione economica

Si calcola che l’82% del capitale immobilizzato globale sia investito in beni immobili. In Europa, per esempio, i cittadini spendono per l’abitazione circa un terzo delle loro entrate. Quanto la dimensione economica dell’architettura sostenibile sia diventata importante si osserva, su scala mondiale, alla luce delle conseguenze della crisi finanziaria ed economica. Questa ha avuto inizio negli Stati Uniti d’America come crisi dei mutui subprime nell’ambito dei finanziamenti immobiliari, vale a dire nella concessione di credito a clienti con solvibilità debole o molto debole. Grazie a questi crediti, somme enormi (valutate in 9.865 miliardi di dollari) sono state investite in immobili il cui finanziamento non era sufficientemente garantito. Fintanto che i prezzi degli immobili sono saliti, grazie a una domanda generata artificialmente, tali finanziamenti sembravano garantiti dall’aumento di valore degli immobili finanziati. Anche se una parte della responsabilità può essere attribuita agli istituti di credito, questo sviluppo perverso è stato favorito in pari misura da investitori, ditte costruttrici, architetti, e acquirenti con la costruzione incontrollata di nuovi immobili.


Dimensione socioculturale

Gli edifici sono elementi importanti e caratterizzanti delle città, definiscono spazi pubblici e privati e determinano tanto l’immagine del contesto urbano, quanto le interazioni sociali tra i vari gruppi della società. Favoriscono i processi sociali, li rendono possibili o li ostacolano. Sotto questo aspetto, gli effetti socioculturali dell’attività costruttiva sono molteplici e vari: la città definisce gli spazi che gli abitanti utilizzeranno, singolarmente o in gruppi, come spazi vitali pubblici o privati. L’ambiente costruito impronta l’identità culturale: gli edifici possono essere importanti veicoli di cultura, che esercitano la loro influenza attraverso la loro visibilità (a differenza di altri prodotti culturali, gli edifici sono sempre visibili) e la durata nel tempo. Non si tratta soltanto degli edifici storici rappresentativi, che in molti casi sono l’emblema stesso di una città, ma anche degli edifici moderni, che caratterizzano l’identità di una città o di una regione. Quale esempio di singolo edificio che è diventato simbolo del rinnovamento culturale di una regione possiamo ricordare il Museo Guggenheim di Bilbao. La persistenza di queste icone sta nella loro azione integrativa, capace di creare un senso di identità.


Architettura sostenibile come sistema di pensiero

I vari e diversi temi e aspetti relativi a una maggiore sostenibilità nel settore edilizio sono sistematizzati in una serie di criteri. Questi dovrebbero offrire a investitori, urbanisti e architetti le indicazioni necessarie sugli aspetti rilevanti per realizzare un edificio sostenibile e sui criteri da rispettare relativamente a questi singoli aspetti. Oltre ai consueti strumenti della progettazione, esistono sistemi di certificazione che permettono di analizzare edifici e progetti dal punto di vista della loro sostenibilità. Se l’edificio rispetta i criteri di sostenibilità, viene certificato e, in caso di valutazione particolarmente positiva, dotato di un bollino (d’argento, d’oro, di platino). Sistemi di certificazione di questo genere sono l’americano LEED™ (Certificate in Sustainable Architecture), l’inglese BREEAM Certificate e il tedesco DGNB Zertifikat (Deutsche Gesellschaft für Nachhaltiges Bauen). Tali sistemi permettono una visione d’insieme dei requisiti, scomponendo il concetto generale dell’architettura sostenibile e definendo norme vincolanti. Un ulteriore vantaggio offerto dalla certificazione è la possibilità per investitori e locatori di introdurre l’integrazione del sistema di sostenibilità come argomento di commercializzazione, facendone un punto di forza commerciale. Si crea così un incentivo per gli investitori a confrontarsi con i criteri di sostenibilità che spesso, altrimenti, vengono liquidati come un ideale, buono solo a far lievitare i costi.

Spesso si pensa alla sostenibilità come requisito tecnico di un edificio. Presupposti importanti, tuttavia, si incontrano già sul piano urbanistico. Nell’urbanistica del dopoguerra, molte volte le città sono state costruite o ampliate con notevole consumo di superfici e producendo un grande volume di traffico. Il traffico fa salire i costi e richiede investimenti e infrastrutture, come sistemi stradali e automobili; è dannoso per l’ambiente, in quanto aumenta le emissioni di anidride carbonica e di polveri sottili; non da ultimo, è socialmente insostenibile perché rende inadeguati come spazi vitali le strade e gli spazi che occupa con i veicoli in movimento e in sosta, oltre a generare rumore, stress e grosse perdite di tempo. Si tratta principalmente di un problema strutturale delle città. Un importante indicatore in tal senso è la densità di urbanizzazione, che comporta come conseguenza una crescita esponenziale inversa del consumo di energia. Una struttura urbana densa e compatta permette una maggiore autonomia dai mezzi di trasporto sia pubblici, sia privati, visto che gli spostamenti possono svolgersi anche a piedi o in bicicletta. Inoltre, posti di lavoro, negozi e strutture sociali quali scuole e asili sono più vicini ai quartieri residenziali, rendendo superflui molti spostamenti più lunghi. Ancora, una urbanizzazione più compatta ha minori superfici in cui si scambia energia termica e, di conseguenza, consumi energetici minori. Ma una densità di urbanizzazione elevata presenta anche altri vantaggi: per esempio, nel centro cittadino si sovrappongono molteplici stili architettonici, tipologie di edifici e usi che rappresentano una grande ricchezza di forme, colori e spazi. Questa struttura agisce come uno stimolo culturale e offre spazi vitali molteplici e vari per cittadini e stili di vita diversi. Le città centralizzate europee rappresentano un ottimo modello per la città sostenibile del futuro, perché la loro densità di urbanizzazione e la loro varietà assicurano una utilizzabilità a lungo termine.

Spesso anche gli edifici vengono progettati in maniera aspecifica e modulare. La maggior parte degli edifici della seconda metà del XX secolo è stata realizzata come costruzione monofunzionale. Sono costruzioni prive di relazione urbanistica con il luogo. La loro struttura architettonica e la loro configurazione complicano o impediscono l’adattamento a nuovi usi (come la conversione di edifici per uffici in edifici residenziali) o a nuove esigenze d’uso (unità abitative più grandi, abitazioni adeguate ai bisogni di anziani o disabili, nuovi bagni). Non costituiscono né esternamente né internamente spazi che i fruitori possano fare propri. Né tra i residenti né tra i passanti si crea un grado di identificazione sufficientemente alto da rendere auspicabile una manutenzione a lungo termine.

Il settore edilizio svolge una parte non indifferente in questo consumo complessivo e, per il gran numero di preesistenze, ha anche la maggiore potenzialità di risparmio per compiere un salto quantico nel consumo energetico. Oggi, con il cosiddetto “standard dell’edificio passivo” applicato ormai in molti casi, si hanno consumi energetici pari a circa un decimo (ca. 15 kWh/mq*a) di quelli corrispondenti all’attuale media europea (ca. 150 kWh/mq*a).


Progettazione dinamica

Per alcuni aspetti dell’edilizia sostenibile, esistono oggi numerose indicazioni e soluzioni. Ai fini di uno sviluppo sostenibile è di importanza fondamentale inserire tutti i singoli aspetti entro un pensiero sistemico che consideri gli effetti su altri settori e ne ricerchi una ottimizzazione globale. Al riguardo, è soprattutto agli architetti e ai pianificatori che si richiede una maggiore assunzione di responsabilità. Diversamente dagli ingegneri, la cui attenzione è quasi sempre rivolta a questioni puramente tecniche, regolate da metodi esatti, gli architetti lavorano costantemente in bilico tra fatti “duri”, e come tali quantificabili (statica, costi, consumi energetici), e fatti “morbidi”, vale a dire aspetti socioculturali quali la progettazione creativa, l’idoneità d’uso o l’identificazione con gli edifici.

Oggi, per gli architetti, la difficoltà sta nel dover integrare nel processo di progettazione una gamma molto ampia di aspetti interdisciplinari, cosa che fino a oggi non sono in molti a fare, mantenendosi piuttosto sulle forme tradizionali della progettazione lineare, finalizzata. Spesso si intende un progetto come un atto di creazione artistica alla cui origine sta l’idea (geniale) che determina il risultato architettonico in tutti i suoi dettagli, più che come un processo complesso. Poiché la maggior parte degli aspetti della sostenibilità può essere verificata soltanto in corso d’opera e poi sulla base dei risultati, metodi di progettazione interattivi e ricorsivi, che consentano una revisione delle decisioni che vi sono sottese, devono diventare la norma.

La struttura dell’edificio deve essere in grado di adattarsi a usi futuri. È importante anche che gli edifici vengano pensati tenendo conto tanto della costruzione, quanto della manutenzione, della conversione e del restauro. Il progresso tecnico abbrevia gli intervalli entro cui si rende necessario sostituire e applicare elementi architettonici (finestre, facciate) nuovi o tecniche (impianti di riscaldamento, sistemi di raffreddamento, installazioni sanitarie) innovative. È utile prevedere elementi architettonici e sistemi intercambiabili. Anche gli edifici hanno una aspettativa di vita più breve. Per questo si dovrebbe pensare non solo al processo costruttivo, ma anche alla sua reversibilità e alla riciclabilità dei materiali impiegati. Così, allacciamenti visibili e reversibili, materiali separabili e di composizione omogenea sono la condizione necessaria per la differenziazione e il riciclaggio delle materie prime.

Non si sottolineerà mai abbastanza che la sostenibilità non può essere pensata soltanto come requisito tecnico. Sono molto importanti anche gli aspetti formali e l’idoneità a un uso flessibile ed eterogeneo. Gli edifici devono offrire in primo luogo un ambiente di vita e di lavoro piacevole ai loro fruitori. Più che un problema tecnico, questa è un’esigenza altamente complessa. Gli edifici intrattengono un dialogo vivo con l’ambiente che li circonda, sono intimamente legati al fluire dell’energia e della materia, mutano nel corso del tempo: per questo devono essere pensati e sviluppati anche come tali.
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