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  Green Platform
  Arte Ecologia Sostenibilità / 24.04 – 19.07.2009
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  Artisti: Alterazioni Video, Amy Balkin, Andrea Caretto e Raffaella Spagna, Michele Dantini,
Ettore Favini
, Futurefarmers, Tue Greenfort, Henrik Håkansson, Katie Holten, Dave Hullfish Bailey, Christiane Löhr, Dacia Manto, Lucy + Jorge Orta, Julian Rosefeldt, Carlotta Ruggieri, Superflex,
Nicola Toffolini
, Nikola Uzunovski
   
   
James Bradburne
Franziska Nori
Lorenzo Giusti
Valentina Gensini
John Thackara
Gunter Pauli
Marjetica Potrc
Hans Drexler
Franco La Cecla
   
  Attraverso la Platform
Valentina Gensini
   
  Concepita su presupposti darwiniani, l’ecologia venne definita nella seconda metà dell’Ottocento quale studio delle interrelazioni tra gli organismi e l’ambiente in cui essi vivono all’interno della biosfera. Negli anni il concetto si è arricchito di numerosi contributi, fino ad acquisire una valenza etica e filosofica di ampia portata; come già aveva intuito Félix Guattari, oggi il pensiero ecologico non è un pensiero da ambientalisti tout court: l’ecologia (ecosofia) è una sintesi filosofica dei valori profondi che interessano l’esistenza umana, intesa nel suo complesso di relazioni e dimensioni, siano quella soggettiva-individuale, quella sociale o quella ambientale(l).
La scelta di proporre, oggi, un progetto che indaghi le relazioni tra arte, ecologia e sostenibilità significa essere ben coscienti di due aspetti fondamentali. Da un lato la convinzione che l’ecologia rappresenti il dominio principale nell’analisi della realtà contemporanea, ci spinge a restituire la complessità e l’urgenza del dibattito in corso. Dall’altro la ricerca artistica, seppur costitutivamente autonoma, fa sì che la dimensione estetica porti un contributo determinante alla lettura del presente, offrendoci modalità altre di comprendere la realtà e di elaborarla a nostra volta.

L’agenda mondiale registra emergenze quali gravi cambiamenti climatici, depauperamento delle risorse, crisi degli ecosistemi con la drastica riduzione di biodiversità, una diffusa vulnerabilità economica, forti disparità sociali; accanto ad esse occorre ricordare la vague di fanatismo ideologico e religioso e l’alienazione della società mediatica. Un’analisi di questi problemi richiede un punto di vista profondo, capace di considerare l’uomo e l’ambiente in cui vive secondo parametri capaci di rispondere alla crisi attuale, e di fornire strumenti di valutazione consoni e aggiornati.
L’era della globalizzazione, fenomeno complesso e ambivalente, ha visto una progressiva crescita di indicatori del benessere come l’indice di sviluppo umano, l’aspettativa di vita, la resa cerealicola e la diffusione delle tecnologie informatiche(ll). Tali indicatori tradizionali, però, risultano deficitari: non tengono conto delle crescenti catastrofi ambientali e umanitarie, né colgono dati importanti relativi sia alla diminuzione di biodiversità - intesa anche in termini culturali-, sia ai danni all’ambiente, alcuni originati da innovazioni tecnologiche e sperimentazioni scientifiche di cui non conosciamo ancora gli effetti a lungo termine(lll). Il Pil (prodotto interno lordo) non descrive in alcun modo la qualità generale della vita, né indica la sostenibilità ambientale dei percorsi intrapresi.
Nuovi indicatori macroeconomici rispondono alle proposte di sviluppo sostenibile più diffuse: promuovere un progresso basato sulle molteplici dimensioni del benessere umano, sostenere una rapida transizione verso piattaforme energetiche rinnovabili, distribuire equamente risorse e opportunità, tutelare e recuperare il capitale naturale, localizzare l’economiaiv. Valutare questi obiettivi significa mettere l’accento su evidenze condivise da analisti e ricercatori internazionali, acquisendo coscienza sui problemi rilevanti.
La 14a Conferenza delle Parti di Poznan (Polonia), conclusa a fine 2008, ha avviato una inderogabile transizione verso un nuovo regime climatico, che individui a livello internazionale le regole e gli strumenti con cui prevenire gli effetti dannosi del riscaldamento globale e le conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici(V).
A livello mondiale si investono molte speranze su un rilancio dell’economia basato sui nuovi settori verdi. A fronte dell’attuale crisi e recessione economica sia l’Unione Europea che gli stati Uniti confidano in un possibile rilancio basato sulle tecnologie verdi e sull’indotto creato dai settori interessati ad ambiente ed ecologia.

A fronte di questa difficile situazione il dibattito procede serrato, tentando di offrire analisi e riflessioni che rispondano alla complessità in campo: non si possono infatti ignorare aspetti controversi e contraddittori quali l’imbroglio ecologico(Vl), il greenwashing(VII), la porno-ecologia(Vlll), tutti ricorsi impropri ed illeciti all’inseguimento della ‘moda ecologista’.
Se da un lato il pragmatismo americano del pensiero post-environmentalist ha dichiarato la fine dell’ambientalismo tradizionale in quanto inadeguato a fornire le risposte di cui necessita il presente(lX), vie più radicali invocano la decrescita economica in favore di una crescita culturale e sociale; mentre altre posizioni, quali l’Ecologia profonda, intendono mettere in discussione la visione antropocentrica per ricondurre l’uomo ad un rapporto più equo con l’ambiente.
Molte iniziative culturali ed editoriali hanno dedicato la loro attenzione alla complessa realtà attuale in relazione al binomio Uomo-Natura. Anzitutto occorre ricordare il lavoro profondo e costantemente aggiornato fatto dal dipartimento Art & Ecology della Royal Society for the Encouragement of Arts, con la fondamentale pubblicazione Land Art. A Cultural Ecology Handbook(X). Quindi le iniziative espositive ed i festival espressamente dedicati a ecologia, ambiente, sostenibilità(Xl). Esistono persino programmi di residenze per artisti dedicati a queste tematiche.

Green Platform si inserisce in questo panorama portando un contributo di riflessione teorica, filosofica, sociale sul dibattito in corso e sulle teorie che informano l’opera di molti artisti. La scelta di strutturare una piattaforma quale strumento interdisciplinare, intende tradurre operativamente una visione problematica e restituirla in un atteggiamento di aperta dialettica : il progetto prevede un catalogo arricchito da contributi scientifici internazionali afferenti a diverse discipline, una mostra che guarda alle più recenti generazioni di artisti impegnati a confrontarsi con l’urgenza ecologista, un ciclo di conferenze, workshop, incontri laboratoriali e proiezioni realizzate in collaborazione con CinemAmbiente, innestandosi così sul metodo operativo del CCCS.

Green Platform coniuga in sé un piano di pensiero teorico globale ed uno di meta-riflessione aperta al territorio. Per questo motivo si è dato spazio a numerosi laboratori che accompagneranno la mostra dalla preparazione alla conclusione, e nel progetto espositivo si è privilegiato il coinvolgimento di artisti italiani e stranieri attivi in Italia perché, oltre a rispondere al principio di prossimità, sono in grado di creare una relazione importante con il pubblico ed il territorio che li ospita. La mostra, dedicata ad affrontare criticamente le differenti attitudini di artisti impegnati in relazione ai temi dell’ambiente e dell’ecologia, non intende fornire panoramiche esaustive, né tanto meno soluzioni definitive ai problemi esaminati. Piuttosto si è cercato di analizzare alcune espressioni artistiche testimoni del dibattito in corso, dei movimenti di opinione trasversali, delle riflessioni di culture alternative al pensiero dominante. Si è cercato inoltre di verificare come i vari media ed orientamenti espressivi si approccino al tema in causa: sono infatti presenti disegni, progetti, sculture, installazioni, fotografie, video-proiezioni, documentari, sperimentazioni tecnologiche, laboratori, testimonianze di pratiche relazionali.
Naturalmente l’arte cui si guarda in questo progetto è altro sia dalla land art che da pratiche ideologiche o sciamaniche operanti sulla linea tracciata da Beuys. Gli artisti in mostra prendono una distanza significativa dai metodi e dai presupposti che hanno mosso le generazioni precedenti, e lo fanno da due punti di vista: sul fronte dell’attivismo si nota un netto abbandono di atteggiamenti ideologici; sul fronte dell’osservazione della natura essi hanno declinato ogni mimesis poetica ed emotiva per guardare al mondo naturale con atteggiamento analitico.

L’albero sradicato di Katie Holten, quasi un tronco rovesciato, esprime tutta la sua artificiosità nell’uso del nastro adesivo da elettricisti, che avvolge le forme naturali in una stretta claustrofobica, evidente traslato della preoccupante crisi ambientale. Le celle di coltura realizzate da Nicola Toffolini, con pannelli solari e materiali riciclabili uniti a elementi di recupero da scarti di lavorazione industriale, mettono in campo una riflessione sull’utilizzo della tecnologia e sul contraddittorio intervento umano sull’ambiente.
Anche laddove c’è una forte sensibilità nei confronti della natura e dei suoi cicli, come nelle fotografie di Carlotta Ruggieri e nelle sculture di Christiane Löhr, l’attitudine delle artiste resta di tipo analitico e speculativo, senza indulgere in coinvolgimento patetico. Infatti l’una con la serialità dell’immagine, l’altra con la costruzione geometrica delle forme, propongono analogie astratte, quasi meditazioni intellettuali - seppure esteticamente seducenti - sulla natura.
Andrea Caretto e Raffaella Spagna lavorano invece con una disposizione propriamente scientifica, che intreccia la loro formazione con un filone artistico attivo in relazione alle scoperte della scienza –come in questo caso-, o alle moderne tecnologie. Microbiome rappresenta una grande metafora sul corpo che indaga le relazioni biologiche tra macrocosmo-Uomo e gli infiniti microrganismi che ci abitano, in un’ottica di ecologia profonda.

Numerosi artisti coltivano interessi di tipo botanico, zoologico, o antropologico che li hanno condotti ad analisi sul campo, restituite talvolta in forma documentaria, talvolta in una traduzione estetica di tipo esperienziale. E’ il caso dell’artista svedese Henrik Håkansson, che nel corso di un soggiorno in Selva Lacandona (Messico) ha registrato il canto del Quetzal, l'uccello venerato presso i Maya e gli Aztechi con il nome di Quetzacoatl, serpente piumato. Questo mitico animale, oggi in estinzione, viene evocato esclusivamente con una esperienza acustica, attraverso il suono del suo canto riprodotto con lo storico amplificatore Fender Reverb 65. Anche Julian Rosefeldt testimonia un aspetto assai critico dell’America latina: la deforestazione in corso in Brasile. Per farlo mette in atto una grande rappresentazione installativa di forte impatto sensoriale-emotivo sia visivo sia uditivo che, sebbene rappresenti il tema traumatico della deforestazione, tende a leggerlo in una dimensione esistenziale e non di mera denuncia.
Altri artisti esprimono questo approccio naturalistico-antropologico con un’attitudine critica antiretorica, che riconduce i problemi ambientali ad evidenze empiriche: Tue Greenfort installa copie in vetro della medusa rosa Pelagia noctiluca, simbolo della contraddittorietà e dell’ignoranza dell’agire umano e dei conseguenti condizionamenti sul sistema, come evidente nei mari ormai invasi da questa specie –un tempo rara-, che ama il riscaldamento delle acque.
In generale gli artisti suddetti praticano strategie di denuncia attivando processi cognitivi. In questo senso operano anche Lucy e Jorge Orta, che con la Orta Water - Mobile Intervention Unit introducono la delicata tematica dell’approvvigionamento di acqua potabile, e Dacia Manto, che propone visivamente la superficie del Polo Sud, richiamando il grave e progressivo scioglimento delle calotte a causa del surriscaldamento globale.

Un altro aspetto importante è invece quello legato a pratiche attiviste mirate a diffondere strategie sostenibili, generalmente strutturate in collettivi. E’ il caso di Futurefarmers e Superflex. I primi, californiani, promuovono forme alternative di agricoltura urbana(Xll) basate sulla riduzione della filiera produttiva e sull’impiego di pratiche ecocompatibili; i secondi, danesi, da anni utilizzano la pratica artistica come strumento che, al di fuori del tradizionale sistema museo-galleria-collezionista, è chiamato ad incidere sulla realtà con una progettualità concreta; nel caso del biogas hanno concepito un semplice sistema di utilizzo di biocombustibili naturali, capaci di soddisfare le necessità di una famiglia di 8-10 persone. In entrambi i casi si presta grande attenzione alle peculiarità del luogo in cui si opera, in modo da attivare pratiche circostanziate. Il collettivo italiano Alterazioni Video propone invece una rilettura del territorio siciliano intorno a Giarre, all’insegna della realizzazione del primo “Parco dell’Incompiuto”. L'operazione di storicizzazione di un’area dall’identità fortemente condizionata dalla presenza di opere pubbliche incompiute, innesca processi virtuosi e provocatori, con cui guardare alla memoria dei luoghi pensando ad un futuro sostenibile. Incompiuto siciliano diviene oggetto di studio e di proposte in un workshop con la facoltà di architettura di Firenze.
Sebbene in modo diverso, anche Dave Hullfish Bailey lega il suo lavoro ad una significativa analisi topica. La piccola biblioteca nata spontaneamente a Slab City, un’area ormai degradata della California, da anni meta di camperisti in cerca di quiete, offre lo stimolo per un’analisi antropologica che indaghi le modalità spontanee di costruzione e trasmissione di conoscenza. Ancora il territorio californiano, fulcro di artisti e attivisti sensibili alle questioni ambientali, è al centro delle ricerche di Amy Balkin, interessata a questioni quali il diritto pubblico, l’accesso alle risorse primarie, l’abuso del territorio, l’inquinamento, la speculazione; l’indagine giornalistica di Amy Balkin verifica la problematicità di questi parametri nell’area intorno all’Interstatale numero 5, che collega San Francisco a Los Angeles.
Sceglie una metodologia affine al giornalismo investigativo anche Michele Dantini, che però volge l’attenzione alla contraddittoria realtà africana: attraverso un giornale e una videoproiezione propone un’analisi dal taglio antropologico sulla costruzione dell’oleodotto tra Chad e Camerun, finanziato dalla Banca Mondiale. Questo grande intervento, che ha stravolto l’equilibrio dei sistemi ecologici locali, non ha finanziato istruzione e sanità del Paese, come denunciato nelle intenzioni, ma ha foraggiato armi e corruzione nell’ambito delle guerriglie civili, dimostrando ancora una volta quanto le ingerenze della logica capitalistica internazionale si inseriscano prepotentemente in contesti locali ancora basati su logiche economiche di piccola scala.

Su un piano propriamente teorico, il documentario di Ettore Favini testimonia con l’intervista a Gilles Clément l’importanza filosofica del tema del terzo paesaggio, serbatoio fondamentale di biodiversità selezionata in maniera spontanea e al di fuori di logiche di potere. L’omaggio ai fondatori del pensiero ecologista, insieme alle parole del botanico e paesaggista francese, rivendica una presa di coscienza fondamentale per l’uomo contemporaneo: occorre un nuovo progetto politico per realizzare l’utopia realista proposta da Clément.
Un pensiero utopico informa anche My Sunshine di Nikola Uzunovski, che propone un laboratorio relazionale in cui presentare lo stato dei lavori per la realizzazione di uno o più soli artificiali in Lapponia. Quest’opera visionaria, cui l’artista lavora da anni, continuerà il suo percorso progettuale grazie al contributo che designer ed ingegneri fiorentini offriranno nel corso degli workshop tenuti dall’artista. Altri artisti offriranno un contributo in forma laboratoriale, aperta alla partecipazione del pubblico, secondo l’intenzione che la piattaforma, così strutturata, costituisca un bacino aperto, denso di stimoli intellettuali, progettuali, sensoriali.
I due terzi delle opere esposte sono nuove produzioni. Con questo sforzo consistente, assai inusuale in Italia, il CCCS ha reso possibile che un progetto espositivo sia divenuto occasione di supporto a sperimentazioni e nuovi progetti artistici. Si sono così riuscite a produrre opere di artisti affermati, presenti in biennali e rassegne di tutto il mondo, come di artisti meno noti ma impegnati in ricerche di grande qualità.




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(l) F. Guattari, Les Trois Écologies, Editions Galilée, Paris, 1989.

(ll) J. Talberth, La nuova linea di base del progresso, in State of the World 2008. Innovazioni per un’economia sostenibile, a cura di Worldwatch Institute, Edizioni Ambiente, Milano, 2008, p.74.

(lll) Sul tema dell’ambiente si cita il testo fondamentale di Lester Brown, Plan B3.0. Mobilizing to save civilization, pubblicato dall’Earth Policy Institute nel 2008, edito in Italia da Edizioni Ambiente, 2008.

iv J. Talberth, in State of the World 2008, cit., p.82. Si noti come l’utilizzo del termine ‘capitale naturale’ mette già in gioco un punto di vista antropocentrico e impostato sullo sfruttamento, seppur razionalizzato, delle risorse. Tale punto di vista non è condiviso né dai sostenitori dell’ecologia profonda, né da numerosissime iniziative che difendono una concezione olistica dell’ecologia, vicine a pratiche quali la permacultura, la biodinamica, ecc.

(V) Nel 2012 scadrà il primo periodo di adempimento del Protocollo di Kyoto, che ha stabilito gli obiettivi per una prima fase di riduzione delle emissioni di gas serra nocivi prodotti dai Paesi industrializzati.

(Vl) D. Paccino, L’imbroglio ecologico, Einaudi, Torino, 1972.

(Vll) Greenwashing è un neologismo comunemente usato per indicare l’appropriazione di meriti ambientalisti da parte di aziende, industrie, amministrazioni e organizzazioni inquinanti per ‘lavare’ i propri debiti con l’ambiente.

(Vlll) F. La Cecla, Le tre ecologie più una: la pornoecologia, in F. Guattari, Le tre ecologie, ed it. Torino, Sonda, 1991, pp.49-71.

(lX) T. Nordhaus, M. Shellenberger, Breakthrough: From the Death of Environmentalism to the politics of Possibilità, Houghton Mifflin, Boston, 2007, seguito a The Death of Environmentalism: Global Warmig Politics in a Post-Environmental World, Houghton Mifflin, Boston, 2004.

x Land Art. A Cultural Ecology Handbook , edited by Max Andrews, London 2006. L’attività della RSA è costantemente monitorabile sul sito www.RSAartsandecology.org.uk. Si ricordano, tra le altre pubblicazioni, Ecological Aesthetics. Art in Environmental Design: Theory and Practice, edited by Heike Strelow with Vera David, Basel-Berlin-Boston, Birkhauser, 2004; e Sustainability: a new frontier for the arts and cultures, edited by Sacha Kagan and Volker Kirchberg, Frankfurt am Main, 2008.

(Xl) Già nel 2000 Ralph Rugoff e Lisa Corrin proponevano The Greenhouse Effect, una mostra strutturata tra la Serpentine Gallery ed il Museum of Natural History a Londra. Cinque anni dopo inaugurava Beyond Green: Toward a Sustainable art, mostra itinerante a cura di Stephanie Smith, co-organizzata da Smart Museum of Art, University of Chicago, e ICI (Independent Curators International), New York, centrata sulla realtà artistica americana. Nel 2007 la VII Sharjah Biennal fu dedicata al tema “Still Life. Art, ecology and the politics of change" (Natura morta. Arte, ecologia, e politica del cambiamento), secondo la scelta dei curatori Mohammed Kazem, Eva Scharrer e Jonathan Watkins. Nel gennaio 2008 presso l’Edith Russ Site for Media Art di Oldenburg, è stata proposta la rassegna di artisti ‘ecologisti’ operanti con i nuovi media Ecomedia - Ecological Strategies in Today's Art, a cura di Sabine Himmelsbach, Karin Ohlenschläger and Yvonne Volkart. Sempre nel corso del 2008 La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino ha inaugurato Greenwashing. Ambiente: pericoli, promesse e perplessità, a cura di Ilaria Bonacossa e Latitudes; il Canadian Center of Ars ha proposto Some Ideas on Living in London and Tokyo, a cura di Stephen Taylor e Ryue Nishizawa, dedicata all’architettura contemporanea con una specifica attenzione ad aspetti urbani, sociali ed ambientali. Questa mostra segue 1973: Sorry, Out of Gas (2007, a cura di M. Zardini e G. Borasi), e Environment: Approaches for Tomorrow (2006), entrambe interessate alle urgenze ambientali. Anche l’India si mostra sensibilmente aggiornata, con il Festival 48°C Public. Art. Ecology tenuto a Delhi nel dicembre 2008. La Transmediale di Berlino 2009, intitolata Deep North, ha dedicato la sua agenda ai cambiamenti climatici in corso. In maggio quest’anno inaugura la seconda edizione del Festival SOS 4.8 tenuto a Murcia, in Spagna, interamente improntato sul concetto di sostenibilità (http://www.sos48.com/en_2009/index.php). L’edizione dell’anno scorso ha avuto tra i direttori artistici Rikrit Tiravanija, mentre quest’anno dirige la sezione artistica Jota Castro). Il simposio e festival Systems of Sustainability: Art, Innovation, Action è stato recentemente presentato (marzo 2009) dall’University /of Houston Cynthia Woods Mitchell Center for the Arts e dalla Blaffer Gallery, the Art Museum of the University of Houston. Un altro Symposium on Sustainability and Contemporary Art. Hard Realities and the New Materiality, ideato da Maja e Reuben Fowkes ed organizzato in collaborazione con il Department of Environmental Sciences and Policy and the Centre for Arts and Culture della Central European University si è tenuto a Budapest il 26 marzo 2009. Infine a giugno 2009 inaugurerà presso il Barbican Centre di Londra la mostra Art & architecture for a changing planet 1969-2009.

(Xll) Nonostante il fatto che possa sembrare strano, l’agricoltura urbana è una risorsa anche per grandi metropoli come Shangai. L’amministrazione comunale gestisce 300.000 ettari di terra agricola urbana e peri-urbana, dove di notte viene effettuato il riciclo dei rifiuti organici della città. Con tale organizzazione il 50% di maiale e pollame consumato, il 60% degli ortaggi e il 90% di latte e uova è prodotto in città e nelle immediate vicinanze. Vedi l’intervento di Jac Smit sulla rivista “Urban Agricolture”, agosto 2002, nota 53 p.12.

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